[MdT - l'equilibrio spezzato] Vladimir Romanov

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view post Posted on 23/4/2010, 17:35

Divinità Minore

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Nome Reale: Konstantinovič Romanov, Vladimir
Soprannome umano: красный кобры (Cobra Rosso)
Soprannome uratha: Cobra
Età Umano: 50
Età Uratha: 81
Gruppo etnico: Russo
Auspicio: Cahalith

Descrizione:

Abbastanza basso, capelli scuri e occhi verdi. Il fisico, che una volta probabilmente era atletico e slanciato, ora inizia a risentire dell'età.

Colore del manto: tra il grigio e il rossiccio foto

Descrizione Caratteriale:

Abbastanza socievole, è conscio della sua intelligenza e per non apparire troppo saccente è solito mettersi al livello degli altri interlocutori. Ama, quando glielo chiedono, esporre ai suoi fratelli le sue conoscenze riguardo agli argomenti piu' vari.
Molto riflessivo, pensa sempre due volte prima di fare qualsiasi cosa (cosa che ha imparato a fare durante il suo addestramento nelle Spetsnaz)

Informazioni aggiuntive:
I suoi occhi guizzano spesso a destra e a sinistra, per cogliere ogni minimo particolare degli avvenimenti che lo attorniano. Ha una passione naturale per i veleni di qualsiasi tipo, che ha usato spesso durante la sua carriera militare, che ha sviluppato studiando Chimica nella più prestigiosa università di Mosca.

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Edited by DraziuS - 23/4/2010, 19:50
 
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view post Posted on 29/4/2010, 17:51

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Konstantinovič Romanov, Vladimir

“ Romanov, ai piani alti hanno bisogno di te. Dicono che domani due agenti dovranno partire e per quel momento ci sarà bisogno di qualcuna delle tue fialette: ricorda loro perché ti chiamano Cobra”.

La persona che stava parlando era un uomo sulla cinquantina, dai capelli brizzolati e dai folti baffi. Indossava un’uniforme scura, che recava lo stemma dei servizi del Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, l’agenzia di sicurezza segreta russa e che indicava molto probabilmente un grado abbastanza elevato.
La persona alla quale si era rivolta, invece, era un giovane sulla trentina, dai capelli corvini (legati sulla nuca) che arrivavano fino alle spalle, il cui ciuffo copriva uno degli occhi verdi. Indossava un camice bianco, sul quale recava lo stesso stemma dell’ufficiale.
“Non c’è problema. Non vi ho mai deluso. Spero che anche la Madre Patria Russa si ricordi di me quando sarà il momento”.

Romanov era uno dei discendenti dell’omonima famiglia reale, del ramo Kostantinovic. Cresciuto per diventare un soldato, ha scoperto la passione per la chimica, che ha coltivato nella più prestigiosa università russa. La sua passione, unita al lavoro, ha invece fatto emergere in lui un talento, che gli è valso poi il soprannome di Cobra Rosso. Assunto come chimico nel KGB, hanno scoperto che i veleni che produceva erano tra i più letali e quindi richiesti dal governo russo.

Un giorno, l’ufficiale che solitamente gli affidava quella che ormai chiamavano “la lista della spesa”, venne a chiedergli qualcosa di diverso:
“Romanov, questa volta il Cobra dovrà uscire dalla sua tana. C’è bisogno che tu vada in missione. Partirai tra due settimane, preparati. Ti verrà consegnato il fascicolo riguardante la missione questa sera.

Due settimane dopo, il Cobra partì.

Il suo nome sarebbe stato Sergei Vanisli. Il suo compito? Fare il suo lavoro, il chimico. Il fascicolo indicava come bersaglio uno tra i maggiori chimici di fama europea, John Tale. Le informazioni dicevano che questo scienziato stesse per mettere le mani sulla formula che avrebbe permesso all’Inghilterra di creare il superuomo, e ovviamente la Russia non poteva permetterlo e quindi chi meglio di un chimico poteva riconoscere questa formula, carpirne i segreti e portarla tra le mani della Madre Patria?
Avrebbe preso il treno alla stazione di Mosca, come una persona normale. Ma lui normale non era. Nella sua valigetta, che non perdeva mai di vista, aveva il necessario per uccidere ogni persona di quel treno molto, molto lentamente. Non era abituato a portarsi in giro il frutto dei suoi lavori, ma ai piani alti pensavano che sarebbe servito. Ma cosa ne potevano sapere loro?
Il viaggio durò molte ore, nelle quali Vladimir, o per meglio dire Sergei, lesse attentamente il fascicolo studiando le abitudini, gli hobby, la parentela e ogni informazione che c’era su Tale. A una prima occhiata poteva sembrare una persona normalissima, con un normalissimo lavoro e una normalissima vita. Ma aveva qualcosa che non andava.. Doveva averlo. Quale motivo altrimenti per dotarlo di quegli armamenti? Di sicuro l’uomo grasso di fronte a lui non pensava minimamente che oltre alla valigetta e ai fogli che stava leggendo la persona anziana di fronte a lui avesse anche una pistola e una piccola cerbottana con delle altrettanto piccole freccette. Forse erano per autodifesa, chissà.


continua

 
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view post Posted on 29/4/2010, 19:59

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Finalmente la sua fermata.
L’incontro si sarebbe svolto a Reims, in occasione di una conferenza tenuta dallo stesso Tale a riguardo di una possibile soluzione per il cancro.
Raggiunse il luogo della conferenza, una sala che poteva contenere massimo cinquanta, sessanta persone. All’entrata una persona chiedeva nome, cognome e la formula dell’ idrossido di tetrametilammonio. Strano modo hanno di identificare una persona, qui in Francia.
La conferenza fu abbastanza interessante, ma la tesi su cui si basava John Tale era prima di fondamento. Come facevano a non capirlo? Era così semplice, ma doveva pensare al suo compito, avrebbe avuto molto tempo per fare quello che doveva. Si avvicinò a Tale con fare affabile e gli fece alcune domande sull’argomento, proponendogli un incontro per discutere di alcune cose riguardo il suo lavoro. In fondo era vero.
Forse sarà stato il sorriso, gli occhi profondi o la voce, fatto sta che Vladimir convinse il suo bersaglio a incontrarsi dopo cena, nella sua stanza d’albergo.
Quando Tale arrivò, in sottofondo vi era la notturna di Chopin. Ascoltare quel pianista era uno dei pochi modi che Romanov aveva per rilassarsi. Non aveva idea di come sarebbe potuta andare la serata ma era sicuro di una sola cosa: la calma era necessaria.
Aveva preparato una piccola siringa nascosta sotto il tavolino, dove si sarebbe andato a sedere. La pistola era nel bagno, ben celata sotto gli asciugamani delle docce. Non appena Tale fu entrato, il russo chiuse la porta a chiave.
I due iniziarono a parlare e Vladimir tirò fuori dei fogli che aveva preparato il pomeriggio. In fondo voleva davvero far notare a Tale i suoi errori, prima di passare al lavoro. Passò qualche ora nella quale Romanov spiegò all’inglese ogni suo errore, formula dopo formula, reazione dopo reazione. Ormai erano quasi le 23, ora scandita dall’orologio illuminato del campanile che si poteva vedere fuori dalla finestra della stanza, e il russo decise che era ora di passare al lavoro. Domani lo aspettava il treno per tornare a Mosca.
Mentre parlavano, tirò fuori la siringa da sotto il tavolo lentamente, senza far notar nulla al suo interlocutore. L’attimo dopo questa era piantata nella mano di Tale, che cadde a terra addormentato.
Sonnifero, semplice ma sempre efficace.
Quando il chimico del Regno Unito si svegliò, si trovava legato mani e piedi a una sedia. Di fronte a lui, seduto su un’altra sedia, Romanov. Nel tavolino accanto c’era aperta la valigetta argentata del russo.
Mi dispiace, Inglese. La tua teoria poteva veramente fare della strada, con i dovuti accorgimenti disse Romanov alzandosi e cominciando a preparare una siringa prendendo una boccetta dalla valigetta.
E’ per la mia formula contro il cancro? Prendila, se è quella che vuoi! Dirò che l’hai sviluppata tu e che io te l’ho solo rubata, ma non uccidermi! La voce dell’inglese lasciava intendere una buona dose di paura.
Quella? No, grazie. In realtà sarebbe interessante, ma non è quello di cui ho bisogno. Sto parlando della tua formula per il superuomo. I miei capi ne hanno bisogno. Se me la consegnerai, ti lascerò andare e potrai finire la tua ricerca.

continua..
 
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view post Posted on 29/4/2010, 20:22

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Il volto di John Tale improvvisamente cambiò e da impaurito passò a serio, molto serio.
Quindi tu lo sai. Inutile negarlo. Eppure pensavo che.. inutile pensarci. Se anche volessi dartela ora, non potrei. Ho consegnato tutto il materiale oggi stesso a un agente del governo inglese. E se ho indovinato chi ti ha mandato non avrai nulla da me e ti uccideranno non appena tornerai, molto probabilmente.
Bel tentativo di intimidirmi, mio caro Tale. Di sicuro tua moglie Karen e i tuoi figli Jim e Cody non saranno molto contenti se non mi dici quello che ho voglia di sentire. Potrebbero provare questo
Mentre parlava, iniettò nel braccio di Tale un liquido scuro. Il volto dell’inglese si contrasse in una smorfia di dolore. Il veleno che Romanov gli aveva iniettato non era mortale, ma provocava un dolore intenso che durò una media di dieci minuti, nei quali non riuscì a dire nessuna parola o a muoversi volontariamente.
Non ti permettere.. Non toccarli, loro non c’entrano.. Ti darò quello che vuoi, io l’ho vista funzionare. Ma ti avverto: c’è solo una possibilità su dieci milioni, attualmente, che questa cosa funzioni e indovina? Quest’unico “superuomo” lo avete voi Russi. Ti piace l’idea?
Noi? Impossibile! Non mi avrebbero mai mandato.. se ce l’avessero avuto.. Loro non lo hanno....
Invece ti hanno preso in giro. Loro lo hanno.. scrivi: rideremo un giorno. Io sono stanco, ho già fatto uccidere centinaia e centinaia di cavie con questo mio siero.
L’inglese dettò al russo una complessa formula e la modalità di creazione del siero.
Grazie, inglese. Sappi che la Madre Patria Russia sarà molto contenta di questo tuo regalo. Ora ti dovrò mettere a nanna.. Detto questo, iniettò nel braccio di Tale l’ultimo dei suoi veleni. Lo avrebbe fatto spirare istantaneamente.

continua
 
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view post Posted on 30/4/2010, 18:28

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Mentre stava tornando in treno, pensò alle parole del chimico. Migliaia di persone uccise per delle prove, prove per un’arma di distruzione di massa. Forse era il momento di cambiare, di togliersi da questa vita.
Scese alla fermata di L’viv, Ucraina. Si munì di tutto il necessario per vivere fuori, non avrebbe potuto tornare in città per un bel po’. Lo avrebbero sicuramente trovato, in fondo aveva la formula, la conosceva.
Quindi partì. I giorni trascorrevano lunghi e faticosamente, ormai la sua età si stava iniziando a far sentire. Quello che lo mandava avanti era il sapere che avrebbe finalmente potuto fare qualcosa di diverso. Qualcosa che invece che uccidere vite le avrebbe salvate.
Arrivò sui Carpazi, lo scenario montano era ancora più faticoso di prima. Erano passate due settimane dalla sua partenza da L’viv, ma a Vladimir parvero mesi.
Una notte, mentre dormiva in una grotta, fu assalito da un’ombra. Lottò per divincolarsi, e di sfuggita notò che era un grosso canide. Il quadrupede era evidentemente più forte di lui e lo morse su una gamba, facendo poi qualche passo indietro. Il chimico pensò che per lui fosse finita e pensò di fare un ultimo assalto. In fondo gli avevano insegnato a sopravvivere e lasciarsi uccidere non era il modo migliore.
Tese i muscoli e si preparò a balzare sul lupo ma proprio mentre stava per attaccare questi se ne andò voltando le spalle al russo.
La ferita sanguinava copiosamente e Vladimir la chiuse come poté.
Era sicuro di una cosa, con quella ferita non sarebbe potuto andare lontano, ora come ora, e le sue scorte di cibo stavano finendo. Per lui ormai era la fine e non appena l’adrenalina finì il suo effetto, cadde addormentato.
Si svegliò. Non sapeva quanto tempo fosse passato, l’unica cosa che sentiva, anzi, che non sentiva era il dolore alla gamba. Era svanito.
Non appena riuscì a capire quello che aveva attorno, notò che c’erano degli uomini. Uno di loro lo guardava, fisso. Le prime parole che disse furono: “Benvenuto, Sergei”.
Mentre pronunciava quelle due parole, mi guardai. Indossavo i miei vestiti, ma erano a brandelli. Vicino a me c’erano delle grosse catene, ma ora erano aperte. Di sicuro non potevano essere state per me, erano troppo grandi. Riguardai quell’uomo. Non voleva uccidermi, l’avrebbe già fatto. Ripensai a quella parola, benvenuto. Sembrava sincera.
Mi disse “alzati, vieni a conoscere i tuoi fratelli”. Lo feci. Mi insegnò poi quello che, in fondo, già sapevo. Era tutto nascosto dentro di me. Mi disse cos’era accaduto, cos’erano quelle visioni che credevo di aver solo sognato. Solo in quel momento gli dissi il mio vero nome.. Ero tra fratelli. Sono il Cahalith delle Ombre.
 
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