[Ombre del Crepuscolo] La Dama dei Boschi (8)

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Nardu
view post Posted on 5/10/2006, 15:18




Giorno Quarto del Nono mese.

Al mattino, poco dopo l’alba, Dyred fu svegliato in modo molto brusco dall’elfo della gilda delle ombre. L’enigmatico individuo dalla pelle verde rimase a guardare l’uomo mentre si preparava e raccoglieva le sue cose con uno sguardo indagatore e minaccioso. Quando lo stregone fu pronto Draugnim gli fece segno di seguirlo senza pronunciare parola o senza dare cenno ad alcuna spiegazione sulle motivazioni di quello strano comportamento.
Durlach, che li aveva osservati mentre uscivano dalla stanza da letto, si fece scappare un ghigno: lui sapeva.

Quando giunsero nella sala principale della gilda il silenzio che era calato tra i due neo-compagni fu rotto dalle enigmatiche parole dell’elfo che parlò dando le spalle al suo interlocutore “Desideri entrare a far parte della gloriosa Gilda delle Ombre Eroiche del Crepuscolo?”
Dyred colto alla sprovvista rifletté un attimo sulle conseguenze che avrebbero potuto derivare dalla sua risposta ma poi rispose senza ombra d’esitazione nel tono della voce “Ne sarei onorato.”
“E quindi sei pronto ad affrontare una prova d’ammissione?” lo incalzò l’elfo che si era girato per guardare negli occhi lo stregone-chierico.
“Sono pronto!” fu la risposta del guerriero virtuoso.

Il druido prese un piccolo drappo di stoffa rossa e se lo legò alla cintura sul lato sinistro, dopodichè impugnò i suoi due spadoni, uno ereditatogli da Nardu, il suo vecchio amico defunto, e disse “Devi colpire con la tua arma il pezzo di stoffa che porto alla cintura, ma attento perché io no starò fermo a guardare!”
All’udire queste parole Dyred prese in mano il suo cilindro in avorio e oro e, richiamando gli arcani poteri racchiusi nell’arma, fece materializzare la lama di luce.
Lo scontro ebbe inizio: lo spazio era ridotto e le possibilità di movimento per i due guerrieri ridottissime ma nonostante ciò non mancavano gli affondi improvvisi e i fendenti distruttivi. Ogni volta che Dyred tentava di colpire il drappo rosso Draugnim intuiva la sua mossa, grazie ai suoi riflessi repentini, e prontamente parava o schivava l’attacco per poi contro-ribattere con le sue lame. I colpi dell’elfo, quando andavano a segno, colpivano con il piatto delle lame in modo da non provocare ferite gravi nell’aspirante membro della gilda, ma nonostante ciò ogni colpo andato a segno era una profonda lacerazione nell’orgoglio del chierico che si impegnava con tutto sé stesso.
La maestria degli elfi nell’uso della spada era ben nota a Dyred ma il suo avversario dimostrava un’abilità fuori dal comune, accentuata dal fatto che l’elegante guerriero riusciva ad impugnare contemporaneamente due spade di dimensioni enormi, che da un qualsiasi altro individuo sarebbero state impugnate a due mani, mantenendo un controllo impeccabile dei colpi.

Il chierico, che non si fece scoraggiare, ma anzi fu stimolato dall’abilità dimostrata dal suo avversario, decise di utilizzare l’astuzia. La strategia fino a quel momento utilizzata dal nobile combattente era stata quella di tentare di colpire il drappo legato al fianco sinistro ma ciò non aveva grande successo dato che i suoi colpi erano facilmente prevedibili e la traiettoria scontata. Ad un tratto, come notò l’elfo alto, lo sguardo di Dyred mutò e assunse un’espressione decisa e dura. Il chierico si lanciò in un velocissimo e improvviso fendente laterale, ovviamente mirato al lato sinistro dell’avversario e quindi al drappo. Draugnim, per nulla colpo alla sprovvista dalla repentina mossa, assunse con tranquillità la posizione difensiva più adatta preparando gia il contrattacco più rapido e preciso. Purtroppo per l’elfo, lo stregone lo aveva ingannato e un attimo prima di raggiungere il bersaglio del colpo e cozzare inevitabilmente con la lama posta a difesa dell’avversario, virò su sé stesso dando per un istante le spalle all’avversario e mirò al fianco opposto di Draugnim, quello senza drappo, completamente privo di difese. Il colpo fu decisamente inaspettato e il druido non ebbe il tempo di difendersi.

Dyred era ricorso ad una proprietà della sua magica arma, che non poteva nuocere a nessun tipo di vivente che non covasse sentimenti malvagi nel proprio cuore, puntando alla purezza dell’animo del suo avversario. Come si era aspettato lo stregone, la magica lama penetrò nel fianco destro dell’elfo attraversandolo per tutta la lunghezza del busto fino al fianco sinistro, senza però provocargli alcun tipo di ferita. Nonostante ciò la prova si dimostrò superata visto che la lama di luce, dopo aver attraversato il corpo del guerriero-druido, colpì in pieno il drappo tagliandolo in due parti.
L’elfo, come consuetudine nella sua gente, non pronunciò alcuna parola per complimentarsi ma dopo aver riposto le proprie armi accennò un breve inchino.

Darna quando si svegliò si accorse di essere osservata. Fingendo di non essersi accorta di nulla si alzò dal letto e iniziò ad indossare la propria armatura.
“Ti serve qualcosa Durlach? Sai che è maleducazione spiare una ragazza mentre si veste?” disse con un tono scherzoso la ladra.
“Ho nascosto un papiro di lino questa notte da qualche parte in quest’edificio. Se lo recuperi potrai entrare nella Gilda delle Ombre Eroiche del Crepuscolo!” si limitò a rispondere in modo pacato il ladro.
“E chi ti dice che voglio entrare nella TUA gilda Durlach?” ridacchiò la maga voltandosi verso il suo interlocutore, che in un angolo della stanza avvolto, dal suo nero mantello che lo nascondeva quasi completamente facendolo sembrare una semplice ombra, la osservava intensamente.
“Vediamo quanto sei abile ragazzina!” rispose con tono di sfida l’attuale responsabile della gilda senza cambiare espressione del volto. In realtà voleva solo stuzzicare la giovane per valutarne le reali capacità anche se non dubitava che sarebbe riuscita a portare a termine la prova.

La maga, udendo quelle parole di sfida, cambiò immediatamente espressione e legandosi alla cintura il suo cilindro, molto più grande rispetto a quello di Dyred, in ebano nero e oro si diresse verso la porta aprendola, ma prima di uscire disse senza voltarsi con il tono che gli assassini usano con le loro vittime prima di finirle “Conta fino a trenta…se ne sei capace ovviamente.”
Un istante dopo Darna era uscita dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Durlach, che riteneva impossibile che la giovane riuscisse a scovare il papiro accuratamente nascosto nel misero tempo che ci sarebbe voluto per contare come gli era stato suggerito, considerò le parole della ladra come una semplice provocazione dettata dalla furia ma nonostante ciò la sua mente iniziò, involontariamente, a portare il conto dei secondi che passavano covando segretamente la speranza che trenta secondi non sarebbero stati sufficienti.

Nella mente del ranger-ladro scorrevano ormai inesorabili i numeri “27…28…29…” e quando giunse il quasi ambito traguardo, Durlach si fece sfuggire un sospiro di sollievo “…e 30!”: almeno avrebbe potuto rinfacciare alla ragazza di aver osato troppo anche se non voleva infierire su di lei in modo eccessivo.
Avvolto da questi pensieri il giovane ebbe un soprassalto quando udì una voce familiare provenire dal suo fianco.
“Guarda che sono qui da ore ormai! Possibile che non ti decidi a degnarmi di uno sguardo?”
Darna era appoggiata al muro al fianco del suo mandante, che non si era nemmeno accorto dalla sua presenza, stringendo in mano il papiro: lo aveva recuperato in molto meno di trenta secondi.
Durlach, inghiottì il sapore amaro dell’umiliazione, ma era felice perché il suo intuito non si sbagliava: aveva trovato un valido membro per la sua gilda. Uscì dalla stanza sogghignando sommessamente senza nemmeno controllare l’autenticità del papiro che la maga-ladra stringeva tra le mani non dubitandone.

Darna si stava dirigendo alla sala da pranzo, dato che Durlach le aveva detto che aveva una cosa importante da comunicare sia e lei che a Dyred, quando sentì bussare la porta. Dato che solo lei si trovava in quel momento nella sala principale andò ad aprire.

“Salve, è questa la sede delle Ombre del Crepuscolo?” disse lo strano individuo sulla porta.
“Chi sei e cosa vuoi?” lo aggredì la ragazza senza molti complimenti.
“Sto cercando le Ombre del Crepuscolo. Mi manda Zartas. Posso entrare?”
“Dovrei chiedere al responsabile della gilda…” accennò la giovane donna con un sogghigno sbattendo la porta in faccia al suo interlocutore pensando tra sé e sé “non sono ancora un membro ufficiale delle Ombre e quindi ciò non è di mia competenza…”

Non fece in tempo a fare alcuni passi quando sentì nuovamente bussare alla porta e questa volta con più energia.
“Nuovamente salve…” stava dicendo un degno rappresentate della razza dei nani coperto da una pensate armatura di ottima fattura e armato di due stranissime spade che Darna non riconobbe, lo stesso individuo di un attimo prima.
“Devo parlare con il responsabile della gilda: attendi qui!” quasi urlò Darna con tono isterico, interrompendo il nano e sbattendo nuovamente la porta in faccia al proprio interlocutore.

La ladra era quasi giunta alla porta della sala da pranzo quando sentì per la terza volta bussare alla porta, ma stavolta non accennò neppure a tornare indietro pensato “Che quel nano sia maledetto!!!”
Draugnim, che aveva sentito per due volte sbattere la porta, si diresse ad aprire incuriosito.
L’elfo si trovò di fronte la bizzarra figura dell’uomo che aveva fatto loro da guida nel piano in cui li aveva relegati il responsabile dell’ordine dei paladini ma non ebbe il tempo di parlare perché una voce alle sue spalle gli disse “Falli entrare e tienili d’occhio. Pensiamo dopo a loro. Prima devo parlare a Darna e Dyred.”
Draugnim seguendo le parole dell’amico Durlach fece entrare l’uomo e il nano e impugnando i suoi due spadoni li puntò al collo dei suoi ospiti intimandogli di nono muoversi e non parlare fino al momento in cui i suoi compagni non sarebbero tornati nella stanza.

Nella sala da pranzo i due compagni originari della Seconda Era attendevano le parole del ladro, attuale responsabile della Gilda delle Ombre Eroiche del Crepuscolo.
“Avete superato le nostre prove di ammissione, quindi se lo desiderate potrete diventare ufficialmente dei membri della nostra gilda a partire da ora!”
La maga e lo stregone si guardarono per un attimo prima di rispondere all’unisono “Accetto!”
Un ampio sorriso si dipinse sul volto del ranger che li accolse con un caloroso, anche se ormai solo formale, benvenuto.

Le tre Ombre tornarono nella sala principale dell’edificio giusto per assistere al tentativo di ribellione nei confronti dell’elfo da parte dei due inaspettati ospiti.
“E’questo il modo di trattare un ospite?” stava urlando il tozzo nano.
“Un ospite che vi ha salvato la vita…” aggiunse con poca enfasi l’altro individuo.
“Visto come tu hai trattato noi è gia un miracolo che ti abbiamo fatto entrare!” rinfacciò Darna al monaco psionico che accusò l’offesa.
Draugnim ad un gesto della mando di Durlach ripose le armi e indietreggiò di alcuni passi.
“Chi siete, ma soprattutto cosa volete da noi?” disse Dyred, che fino a quel momento era rimasto in disparte in silenzio.
“Il mio nome è Brothor e sono un caro amico di Zartas il paladino. Mi ha mandato lui qui dicendomi che vi sarei stato utile nel viaggio che state per affrontare.” disse il nobile nano gonfiando il petto.
“Anche io sono stato mandato da Zartas per darvi una mano…” dichiarò con riluttanza l’individuo con un occhio solo.
“E qual è il tuo nome?” lo incalzò la ladra.
“Il mio nome non è affar tuo!” rispose a tono il riservato individuo.
“E allora puoi anche uscire da quest’edificio.” lo minacciò Durlach con tono autoritario.
“Eronor, soddisfatti?” concesse il monaco dopo alcuni istanti d’esitazione.

Proprio in quel frangente la porta si spalancò ed irruppe nella stanza Zartas.
“Ciao Zarty!” lo salutò Darna con un ampio sorriso.
Il paladino alquanto imbarazzato da una tale accoglienza rispose in modo formale “Salve a te Darna e salve a voi Ombre…” per poi rivolgersi agli altri due individui “…e salve a voi amici miei.”
“Coma mai hai contattato questa gente? Io ti avevo promesso un aiuto da parte della mia gilda ma solo perché sapevo che partivi da solo…” si informò Darna.
“Avremo bisogno del loro aiuto!” si giustificò il chierico-paladino.
“Se noi ti aiutiamo nella tua impresa tu poi accompagnerai noi nelle terre degli elfi?” chiese con apprensione Draugnim.
“Se torneremo sani e salvi a casa sarò ben disposto a darvi una mano.” dichiarò Zartas “In ogni caso dobbiamo anticipare la partenza: stanotte ci troveremo alla locanda del Bue Mozzato!”
“Non ti devi preoccupare, ci saremo.” lo rassicurò Durlach.
“Siete sicuri di volermi seguire? I rischi sono molti e potreste subire dei profondi cambiamenti in voi stessi a causa di quest’esperienza…” li ammonì il valoroso combattente dal cuore nobile.
“Non ti preoccupare, verremo!” esordì Dyred assetato di avventura e spinto dalla curiosità.

Durante il pomeriggio Darna, Durlach Dyred girarono la città visitando numerosi sarti e fabbri. Il risultato del loro impegno fu mostrato all’elfo, che era rimasto alla gilda a vegliare, quando tornarono sul far della sera. Avevano fatto creare quattro coprifronte con una targhetta in cui era stata inciso il simbolo della gilda, quello ideato e disegnato molti mesi orsono dal druido Drazius che ormai era tornato nella sua patria natia.
Durlach si pose il copricapo sulla fronte in posizione obliqua in modo che gli coprisse un occhio, garantendogli un’aria molto minacciosa.
Dyred legò lo stemma al polso in segno di rispetto.
Darna se lo sistemò al collo come fosse una collana.
Draugnim se lo legò alla fronte in modo tradizionale facendolo coprire in parte dai suoi lunghi capelli che gli cascavano quasi sul volto.

Brothor ed Eronor avevano atteso nell’atrio della gilda impazienti di partire.

Poco dopo il tramonto i sei avventurieri stavano per uscire, diretti alla locanda del Bue Mozzato, quando trovarono sulla porta il paladino Zartas che li attendeva.
“Siete pronti a partire?” chiese senza attendere risposta ed uscì in strada.
Il gruppetto, pronto ad affrontare il lungo viaggio, lo seguì ma tutti rimasero a bocca aperta dinanzi a ciò che trovarono: nessuno si sarebbe mai aspetto una cosa simile.

Cinque stupendi esemplari di grifone, un unicorno e un piccolo drago verde attendevano docilmente in strada l’arrivo dei loro cavalieri.
I presenti rimasero numero istanti indecisi sul da farsi occupati ad osservare la meravigliosa scena che si presentava loro: erano sette creature stupende e rarissime e il pensiero che stessero aspettando proprio loro li rallegrava decisamente.

Zartas senza dare spiegazioni si diresse verso un grifone e gli salì in groppa senza che quest’ultimo opponesse nessun tipo di resistenza.
Invogliati dalla dimostrazione del paladino anche gli altri fecero per avanzare ma si accorsero che erano la creature a scegliere il proprio cavaliere.
Darna fu affiancata dal piccolo drago mentre Dyred fu scelto dall’unicorno. A tutti gli altri si affiancò un grifone.

Senza alcun comando gli animali iniziarono a sferzare l’aria muovendosi ad una velocità imparagonabile e in una notte raggiunsero le foreste a sud di Bretonnia, non molto lontano dal luogo d’origine di Nardu e Durlach, regno degli elfi silvani. Il paesaggio durante il viaggio era stato sfumato e indistinto a causa dell’alta velocità e nessuno si era accorto del loro passaggio.
 
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Nardu
view post Posted on 5/10/2006, 15:19




Giorno Quinto del Nono mese.

La foresta che si presentava loro dianzi si stendeva a perdita d’occhio, ma Zartas non esitò un istante e si diresse verso il cuore del regno elfico.
Dopo essere penetrati di pochi metri nella radura, a passo lento visto che i grifoni faticavano a muoversi sul terreno, i cercatori del Graal si accorsero che la foresta intorno a loro era svanita.
Draugnim perplesso chiese spiegazioni a Zartas che sembrava non essersi accorto di nulla ma la sconcertante risposta del paladino fu “Siamo alla ricerca del Graal mi caro elfo. Dovrete aspettarvi cose molto più insolite e inspiegabili perché gli ostacoli che affronteremo non saranno pochi.”

Dopo quella che sembrò un’eternità il gruppo raggiunse una scarpata che delimitava in bassopiano al centro del quale si ergeva una piccola collina sormontata da una torre di dimensioni gigantesche. In cima alla torre un’enorme croce d’orata risplendeva di luce propria come un faro verso la redenzione. L’intero bassopiano era popolato da un’infinità di creature demoniache dall’aria minacciosa e crudele.
“Quella è la torre in cui è custodito il Graal miei cari compagni! La ricerca ha inizio.”

Il viaggio dall’inizio della valle del tormento alla torre delle redenzione non si sarebbe detto molto lungo a prima vista ma dopo poche ore di viaggio i cercatori si accorsero che la loro meta si allontanava man mano che avanzavano.
Non capirono mai quanta strada percorsero ma impiegarono circa due giorni per raggiungere la torre.
 
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Nardu
view post Posted on 5/10/2006, 15:21




Giorno Settimo del Nono mese.

Di fronte al gruppo in cerca del misterioso e veneratissimo Santo Graal si ergeva in tutta la sua statura un edificio dalle dimensioni decisamente imponenti.
La torre a base esagonale era di fattura straordinaria e Brothor rimase a bocca aperta nell’osservare quel prodigio architettonico; l’esperto e saggio nano riconobbe a prima vista il materiale con cui le pareti della torre erano state edificate identificandolo come granito della terra dei draghi, un materiale rarissimo, resistentissimo e di valore immane.
La cima della torre era sormontata da una croce in oro che rispendeva in modo talmente intenso da abbagliare chiunque la osservasse intensamente per più di qualche istante.

La parete che i sette esploratori avevano di fronte a loro era interrotta da un colossale portone in legno massiccio chiuso, che dava l’impressione di non poter essere spostato molto facilmente.
L’arco dell’ingresso era sormontato da una scritta nella lingua degli elfi grigi, il Sindarin, che solo Durlach e Draugnim riuscirono ad interpretare, ma per poter rendere partecipi anche i propri compagni l’elfo lesse ad alta voce le significative iscrizioni:
“Avvenisse la tempesta, io me ne uscirei dallo squallore d’alabastro intorno al sacrificio di un santo che si erge a baluardo di un sacro fuoco, e si vede la magica assemblea di un sacrificio.
Io cavaliere errante, veneravo il sacro fuoco del Graal.”

I presenti, profondamente toccati dalle solenni parole pronunciante dal druido, avanzarono verso il portone decisi ad affrontare ogni prova pur di raggiungere il Graal.
Zartas, più esperto degli altri, si avvicinò fino quasi a toccare il portone dopodichè si fermò e ci fu un attimo di silenzio rotto solo dai lamenti sommessi provenienti dalla valle. Improvvisamente il paladino-chierico sollevò le braccia al cielo ed iniziò a recitare una monotona ma intensa litania in una lingua che nessuno riuscì a decifrare: l’uomo sembrava come posseduto e privo di propria volontà. Dopo pochi minuti la preghiera rivolta alla Dama dei Boschi voltò al termine e Zartas abbassò le braccia; contemporaneamente il mastodontico portale in legno massiccio si aprì lentamente per lasciar passare i sette, accompagnato da numerosi scricchiolii e cigolii.

La sala che si presentò agli occhi dei nuovi entrati era di dimensioni decisamente notevoli e sul pavimento compariva un gigantesco mosaico raffigurante un’immagine bizzarra quanto inquietante che nemmeno Darna, dopo tutti i suoi studi, o Zartas, esperto teologo, riuscirono ad interpretare. Il simbolo altro non era che un pentacolo inscritto in un cerchio dal quale divampava un’estesa fiamma rappresentata così finemente da sembrare viva.
Lungo le pareti circolari una miriade di simboli e iscrizioni, delle quali ben poche furono interpretate e solamente parzialmente.
Ma i cercatori non si soffermarono la lungo ad osservare quel luogo ed avanzarono diretti verso l’unica apertura dalla parte opposta del mosaico.

Attraversato il piccolo arco che faceva da ingresso alla seconda stanza la gilda delle ombre e i suoi tre accompagnatori si trovarono in una stanza di dimensioni molto inferiori rispetto alla precedente dalla forma quadrata.
Al centro dell’ambiente un piccolo piedistallo costituiva l’unico ornamento, come l’unica cosa che sarebbe potuta osservare oltre alle tre porte chiuse, una per ogni lato escluso quello da cui erano entrati, nella stanza.
Senza molta esitazione Zartas guidò i propri compagni nella porta che si trovava alla loro destra senza immaginare cosa li attendeva ma sicuro che l’unico modo per raggiungere la meta era quello di affrontare gli ostacoli che si sarebbero frapposti tra loro e il Graal.

La porta si aprì senza difficoltà e subito gli avventurosi cercatori ebbero il via libera per entrare nella nuova stanza a prima vista completamente spoglia ma di dimensioni notevoli.
Quando tutti furono all’interno accadde una cosa che gettò il gruppo nel panico se non nel terrore più assoluto. La porta alle loro spalle sparì lasciando al suo posto solo parete e davanti a loro un’enorme grata metallica, posta a cancello per un’altra stanza, si alzò cigolando.
Appena la grata si fu completamente nascosta all’interno della roccia dal varco appena aperto sbucò la testa di una creatura famosa quanto terrificante e pericolosa.
Il terrore iniziò a serpeggiare tra gli impavidi guerrieri spingendo addirittura il nano a fuggire a gambe levate in cerca di un qualsiasi tipo d’uscita: questo in fondo era un comportamento alquanto normale quando un gruppo di individui si trovava per un motivo o per un altro a confrontarsi faccia a faccia con il Terrasque, lo spazzino delle dimensioni.

Zartas, impavido, si pose a baluardo della giustizia esattamente davanti all’enorme avversario impugnando la propria spada e recitando una preghiera che gli infondesse coraggio.

Draugnim si servì dei propri poteri concessigli dalla natura per fondersi con la roccia del pavimento e diventare un tutt’uno con le pareti della stanza in modo da poter sfuggire facilmente ai colpi della terribile creatura.

Darna e Durlach invece si mossero rapidamente ai lati opposti, seguendo tattiche di accerchiamento simili, in modo da poter cogliere alla sprovvista il temibile avversario.

Dyred servendosi del favore divino di cui godeva iniziò a recitare una sacra formula; dopo pochi istanti una strana luce soffusa inondò l’aria in prossimità dello stregone-chierico avvolgendolo e proteggendolo.

Eronor non fece assolutamente nulla ma si limitò ad osservare intensamente il mostro che fino a pochi instanti prima per lui era stato nulla di più di una leggenda.

Il Terrasque, senza farsi attendere, corse in avanti per colpire con poderoso colpo dei suoi artigli letali e non frenò l’attacco fino a che le sue zampe non furono ricoperte del sangue degli avversari. Solo Dyred, immerso nel suo divino santuario, e Darna, troppo distante dal resto del gruppo per poter rimanere coinvolta dall’aggressione, sfuggirono al colpo. Eronor, che invece fu colpito pesantemente dal colpo che lo aveva colto di sorpresa, cadde a terra privo di sensi.

Brothor, riavutosi dallo shock iniziale, vedendo i compagni d’arme cadere come foglie sotto i colpi del mostro fu permeato dal suo istintivo senso dell’onore che lo colpì, come uno schiaffo, rammentandogli che una morte onorevole sul campo di battaglia al fianco dei propri compagni era meglio di qualsiasi atto di vigliaccheria. Spinto da questo sentimento di sacrificio in nome della parola data il samurai strinse con forza la propria katana e il proprio wakizashi e si tuffò in una cieca carica che riempì di stupore i presenti infondendo nuovo coraggio.
Il primo fendente non riuscì a superare l’ostacolo costituito dalla robusta corazza naturale dell’essere ma il secondo affondo trovò uno spiraglio e riuscì a ferire la carne viva del Terrasque che inaspettatamente svanì.

Sia il mostro che la grata erano spariti lasciando una stanza completamente vuota mentre la porta d’ingresso era ricomparsa.

Paladino e compagni, dopo aver medicato i feriti, tornarono quindi nella stanza quadrata dove si accorsero che il piedistallo posto al centro era ora parzialmente illuminato da una misteriosa luce giallo tenue.

Senza soffermarsi ulteriormente su quello strano evento gli esploratori attraversarono la soglia della porta posta esattamente di fronte a quello che era stato l’ingresso alla stanza quadrata.

Stavolta la stanza che incontrarono, delle stesse dimensioni e forma di quella in cui avevano incontrato il Terrasque, non fu vuota ma un’insolita barriera di fiamme faceva da muro ad un altare posto dal lato opposto sopra al quale un calice d’orato risplendeva per via della luce prodotta dal fuoco.
Impavidi e curiosi i sette viaggiatori si tuffarono nelle fiamme tentando come meglio poterono di coprirsi o di ridurre al minimo il contatto e fortunatamente ne uscirono indenni escluse poche ustioni non molto gravi.

Durlach, che era il più rapido dei presenti, fatta forse eccezione per Darna, afferrò con soddisfazione il calice che sembrava senza ombra di dubbio il loro obbiettivo ultimo, ma appena la sua mano sfiorò il misterioso oggetto tutto nella stanza scomparve, compreso altare e fiamme, lasciando solo la porta aperta da cui erano entrati.

Quando i compagni d’avventura tornarono nella stanza quadrata notarono che il un'altra porzione del piedistallo era ora illuminata dalla mistica luce e dedussero che la terza e ultima porta avrebbe sicuramente portato ad affrontare la prova decisiva.

Varcarono quindi la soglia della porta posta a sinistra dell’ingresso, ma appena tutti furono dentro alla terza e ultima stanza la loro via d’accesso si richiuse alle spalle.
La porta fu sostituita da un portone metallico sormontato da un’inquietante iscrizione d’ammonizione.
Le parole, scritte con il sangue, recitavano “Abbiate paura, oh voi che passate, dietro questa porta sta il Demonio.”

Darna, esclamando “Sono stufa di queste prove!” afferrò la maniglia metallica del portone e spinse con forza prima che qualcuno ebbe il tempo di protestare. Subito il suo corpo ebbe un sussulto e le forze le vennero meno, ma il colpo non fu particolarmente pesante e la ragazza riuscì a continuare la sua avanzata.

Nella stanza quadrata il piedistallo era completamente avvolto da un’inspiegabile luce gialle molto tenue e dava la netta impressione di essere una qualche specie di portale verso un altro luogo.
Senza molto discutere uno dopo l’altro tutti e sette entrarono nel colo di luce svanendo.

Zartas e i suoi compagni avevano superato il primo piano della torre sconfiggendo il Peccato dell’Accidia e così facendo scalarono il primo gradino di una lunghissima e ripida scalinata che li avrebbe condotti alla conquista del Graal se mai fossero giunti in cima.

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 5/10/2006, 15:23




(...continua)

Uno alla volta i sette ormai amici, o almeno fidati compagni legati da un comune obbiettivo, comparvero in quella che sembrava una gran piccola stanza dall’aspetto accogliente e sicuro. Una decina di comodissimi letti era sistemata lungo la parete e l’idea di potersi riposare dopo tre giorni di viaggio e la possibilità di recuperare le forze dopo le ferite subite durante le prove del piano inferiore allettavano non poco i cercatori del Graal.
Draugnim si offrì di far da guardia ai compagni durante il loro riposo e questi non se lo fecero ripete due volte gettandosi volentieri sui comodi giacigli.

Il primo a svegliarsi dopo il lungo riposo fu Dyred e ciò che vide lo allarmò sopra ogni aspettativa. Gridando per lo spavento e la rabbia lo stregone svegliò i suoi compagni: Draugnim si era stranamente addormentato e i loro oggetti erano spariti; armi, armature, monete d’oro e qualsiasi altro oggetto avessero avuto con sé era sparito.
Brothor imprecò numerose volte al solo pensiero di aver perso le sue armi, dote concessagli dalla sua famiglia adottiva, e Darna bestemmiò spudoratamente rendendosi conto di essere stata derubata della sua magica arma, simbolo del suo ordine e di grandissimo potere.

Spinti dal desiderio di recuperare i propri averi i malcapitati abbandonarono la stanza attraversando l’unica porta e si trovarono a leggere un’infinità di insulti verso i loro dei, parenti e ideali scritti a caratteri cubitali sulle pareti di una lunga stanza dalla forma rettangolare.
Brothor lesse numerosi riferimenti poco rispettosi al suo amatissimo signore e padrone.
Draugnim trattenne a stento le lacrime di collera nel leggere le offese alla Madre Natura e ai suoi incogniti genitori.
Zartas si controllò a fatica nel leggere un’inverosimile quantità di bestemmie nei confronti del suo veneratissimo Dio.
Durlach sentì l’amaro salirgli in bocca nel vedere la gravità degli insulti che attaccavano il defunto padre e soprattutto l’amatissimo fratello Nardu.
Dyred si sentì venir meno nel vedere come il suo Ordine e i suoi ideali, oltre che la sua unica divinità, venivano schernite senza pudore.
Eronor fu avvolto da un profondissimo senso di rabbia quando l’occhio si posò su una durissima frase che lo scherniva in prima persona.
Darna si adirò profondamente nel leggere le offese dirette alle uniche persone a cui avesse mai tenuto veramente: suo fratello Brom e il suo maestro Beltasor.

Cercando di ignorare quelle parole i sette sentirono la rabbia stringere in una forte morsa i propri cuori desiderando ardentemente di poter mettere le mani sul responsabile di tali affronti.

Quando attraversarono l’ennesima porta aperta si trovarono nella stanza più grande del piano dove, al fianco di un altro piedistallo illuminato, stava un uomo sorridente.
L’individuo era attorniato dagli oggetti sottratti agli avventurieri che erano stati distrutti e sporcati.
Darna tentò di richiamare la propria arma ma vide il cilindro in ebano nero, sotto un piede dell’uomo, spezzato in più parti.

“Ho rubato io i vostri oggetti, io li ho distrutti irrimediabilmente e io ho scritto quelle frasi che avete letto nella stanza qui a fianco!” urlò allegramente il provocante uomo con un sorriso disarmante “Ma non lasciate che la rabbia vi controlli…”

Darna si avvicinò all’uomo, ma pensando che quella probabilmente altro non era che un’altra estenuante prova da affrontare per raggiungere il Graal disse voltandosi verso il piedistallo “Non meriti la mia vendetta, vile.”
La maga-ladra entrò nel cono di luce per poi sparire seguita a poca distanza dagli altri sei uomini che capirono le motivazioni di quel comportamento molto strano da parte della spietata ragazza.

La Dama dei Boschi osservava soddisfatta la scena nella quale i sette visitatori dimostravano di sconfiggere anche il secondo Peccato: l’Ira.

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 5/10/2006, 15:25




(...continua)

Al terzo piano i compagni che comparvero oltre il piedistallo si accorsero di essere solo in sei: all’appello mancava Brothor, il nano.
Chiedendosi se il samurai non si fosse lasciato sopraffare dalla rabbia e fosse rimasto al piano precedente a vendicarsi sull’inspiegabile individuo i compagni furono tentati di tornare indietro a controllare ma si resero conto che i piedistalli funzionavano a senso unico e non erano i grado di scendere nuovamente: la loro unica possibilità era continuare la salita.
Eronor però tranquillizzò i presenti intuendo la loro preoccupazione “Sono stato io l’ultimo a varcare il cono di luce e il nano è sicuramente salito in questo piano.”

Con fare sospetto i sei mossero alcuni passi nella stanza e notarono che dal lato opposto un altro piedistallo li attendeva, ma stavolta non c’era traccia della gialla luce.
Ciò che però scandalizzò maggiormente i cercatori del Graal su il riconoscere la figura del samurai-guerriero al fianco del piedistallo.

Brothor era coperto da una splendida armatura argentata in mitrhil, decorata in oro e diamanti. La collo portava un pesante medaglione in oro massiccio raffigurante il simbolo del proprio clan e alle dita numerosi anelli forgiati con metalli preziosi e incastonati di brillati risplendevano flebilmente.
Alla cintura un fodero in cuoio decorato complicati ricami in oro conteneva un wakizashi dall’elsa in avorio e la lama in adamantio mentre legata dietro la schiena un’imponente katana, anch’essa con l’elsa in avorio sormontata da una gemma rossa grande quanto un occhio e con la scura lama in adamantio, incuteva rispetto e timore.

I sei compagni del nano rimasero a bocche spalancate nel vederlo e intuendo che tra armi, armatura e gioielli vari il samurai possedeva un capitale paragonabile al tesoro del sovrano di Bretonnia in persona.

In ogni caso il nobile guerriero intuendo che quella altro non era che un’altra prova per il raggiungimento del Sacro Calice iniziò a sfilarsi collana ed anelli accompagnando quei gesti dalle parole “Questi oggetti non mi appartengono…”
In seguito a questa meritevole azione il piedistallo fu pervaso dalla solita luce che condusse i sette compagni al piano superiore, incontro ad un'altra prova.

Il terzo piano era stato superato da tutti e sette i compagni ed un altro Peccato era stato sconfitto con umiltà, il Peccato di Superbia.

“Sono passati molti secoli da quando un paladino errante riuscì a superare tutte le prove e così facendo raggiunse la cima della Torre. Che sia giunto il momento in cui nuovi individui abbiano il diritto di abbeverarsi con il Sacro Fuoco? “

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 5/10/2006, 15:28




(...continua)

Le Ombre, Eronor, Brothor e Zartas giunsero così al quarto piano pronti ad affrontare un’ulteriore prova.
La stanza in cui finirono dopo aver attraversato il cono di luce del terzo piedistallo era di notevoli dimensioni e al centro una tavola imbandita mostrava un banchetto degno di un re. Ogni sorta di pietanza era presente su quella lunghissima tavola e qualsiasi desiderio culinario sarebbe stato ampiamente appagato.

I sette valorosi compagni non consumavano un pasto decente da giorni e il loro appetito si fece sentire con rumorosi brontolii alla vista di tale ben di dio.
Eronor in particolare non mangiava una pietanza degna di questo nome da talmente tanto tempo da non ricordare il suo ultimo pasto completo.
Nessuno pensò che quella poteva essere la prova che avrebbero dovuto affrontare ma tutti erano sicuri si trattasse solo di una trappola per distrarli da un’imminente minaccia.

Dyred recitava lunghe preghiere di purificazione percorrendo il perimetro della lunga tavola, sfiorando con le dita il cibo servito: nella sua mente il primo pensiero di pericolo era l’immagine di un compagno che moriva per aver ingerito cibo avvelenato.

Darna, Durlach, Brothor e Zartas ignorarono la tavola imbandita e si misero in cerca del quarto piedistallo che trovarono non molto distante dalla provocante riserva di cibo.

Draugnim si avvicinò alla tavola con circospezione e afferrò un pezzo di pane osservandolo attentamente: non mostrava nulla di insolito.

Eronor gli si avvicinò e anch’egli afferrò un pezzo di pane, desiderava scoprire eventuali trappole nascoste in modo da poterle aggirare e soddisfare il suo crescente desiderio di ingoiare quel cibo delizioso. Non percependo nessun tipo di pericolo il monaco s’infilò in bocca il pezzo di pane assaporandone il gusto favoloso.

Una risata agghiacciante permeò la stanza in particolare rimbombò con forza nella mente dello psionico provocandogli una dolorosissima fitta alle tempie. Ma dopo un istante svanì, lasciando tutto alla solita tranquillità.

Il gruppo iniziò ad attraversare il cono di luce giallo che avvolgeva il quarto piedistallo fatta eccezione per Eronor che non vedeva solamente il piedistallo privo d’illuminazione. Vedendo i suoi compagni svanire capì che la tavola imbandita costituiva la prova e lui aveva fallito.

E fu così che il primo cadde, affrontando il quarto Peccato, Gola, e frenando la propria scalata verso la cima. Così si iniziò ad assottigliare le fila degli aspiranti cercatori, ma altri sei ancora proseguivano nella loro opera.

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 13/10/2006, 15:40




(...continua)

Il quinto piano della Torre si rivelò il più insolito fino a quel momento affrontato: come in tutti i precedenti gli avventurieri non faticarono a trovare il piedistallo, ovviamente ancora assopito in attesa che la prova fosse superata, ma nessuno riuscì a dedurre di cosa si trattasse questa prova.

Nella stanza, non molto grande, un gruppetto di innocui imp osservava gli ospiti con curiosità senza però reagire in alcun modo alla presenza dei visitatori.
Zartas e i compagni esplorarono la stanza evitando il contatto con le creature e tenendole d’occhio in modo circospetto; solo Durlach mise da parte la prudenza e si avvicinò al gruppo di mostri per vederli da vicino.
Il ladro si fermò a pochissima distanza da uno dei mostri per dedurne le intenzioni ma non si accorse che quel suo comportamento metteva in una posizione di disagio il mostro che reagì d’impulso tentando di colpire l’umano. Durlach senza difficoltà evitò la goffa zampa artigliata e, per evitare di eliminare l’avversario, reagì con un semplice calcio all’altezza del mento; inaspettatamente lo sventurato imp cadde a terra privo di vita.

La caduta del mostro fu accompagnata da un sonoro tintinnio e subito il furfante, che ben conosceva quel confortante rumore, si avvicinò al cadavere dell’imp: un sacco pieno zeppo di monete d’oro, precedentemente in possesso alla creatura, era caduto sul pavimento.
Anche Darna vide il piccolo cumulo di monete d’oro e guardando meglio gli altri imp notò che ognuno di essi portava con sé un sacchetto probabilmente simile a quello del compagni caduto.

Entrambi i ladri furono presi da un forte senso di desiderio nei confronti del metallo prezioso ma le parole dello stregone-chierico li riportò alla realtà “Probabilmente si tratta solo di una prova, è un’illusione!”
Con quella frase Dyred dissipò ogni desiderio di recuperare le monete d’oro e Durlach si allontanò dal gruppo di imp.
Il piedistallo si risvegliò e il cono di luce gialla prese forma permettendo ai compagni di raggiungere il piano superiore.

“Con mia grande sorpresa sono riusciti a sconfiggere anche il Peccato dell’Avarizia. Mi stupiscono soprattutto i due furfanti del gruppo: normalmente individui di un simile retaggio si sarebbero arresi interrompendo la propria ricerca per riempirsi le tasche d’oro. Forse questi valorosi veramente meritano di raggiungere il Sacro Calice.”

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 13/10/2006, 15:43




(...continua)

Le Ombre del Crepuscolo e gli altri compagni, dopo essersi materializzati al di là dell’ennesimo cono di luce, dovettero affrontare la prova più grande che un essere vivente può sopportare.
La stanza in cui comparvero era fastosamente decorata e ricca di comodissimi divanetti e ampi letti; arazzi e tappeti pregiati davano all’ambiente un aspetto regale e la piccola fontana al centro rendeva il tutto molto accogliente e confortante.

Ad ogni modo l’attenzione dei sei fu letteralmente rapita dagli abitanti di quel piano della Torre: un folto gruppo di sensuali esseri osservava i visitatori con espliciti gesti provocatori.
Gli insoliti, ma bellissimi esseri, non mostravano alcun genere ben definito ma in ogni caso erano in grado di risvegliare i desideri più carnali nascosti in ognuno dei sei visitatori.
Addirittura Zartas, uomo abituato alla castità, faticò tremendamente a controllare i propri istinti anche perché la bellissima diavolette, come furono definite in seguito da Draugnim, incitavano i visitatori ad unirsi a loro mostrando i propri corpi perfetti, le proprie sinuose curve, i propri muscoli perfettamente disegnati e flessibili.

La prova da superare era decisamente esplicita ma nonostante ciò i sei cercatori faticarono in modo disumano per superare il piano e raggiungere così la parte opposta, dove il piedistallo li attendeva, senza cadere in tentazione. Spesso uno di loro cadeva vittima del sensuale sguardo di quegli eccitanti esseri ma subito veniva aiutato dai compagni a tornare in sé.

Mettendo a dura prova il proprio animo i Cercatori del Graal superarono anche il famosissimo e potentissimo Peccato di Lussuria raggiungendo così il settimo piano della Torre.

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 13/10/2006, 15:45




(...continua)

Duramente provati dal piano precedente i sei compagni si lanciarono verso il settimo piedistallo, illuminato dal cono di luce, ignorando completamente la regale figura che si era posta loro dinanzi, con l’unico desiderio di poter uscire il prima possibile da quella torre di tormenti e sfide.

L’uomo dal canto suo, vestito nel migliore dei modi, avrebbe mostrato loro ogni possibile oggetto per far risvegliare il desiderio nei loro cuori se solo ne avesse avuto il tempo, ma gli avventurieri, sentendosi ormai vicini alla meta, corsero senza prestargli la minima attenzione.

Nel modo più inaspettato possibile anche il Peccato dell’Invidia fu sconfitto con coraggio e determinazione e ora il Santo Calice si sarebbe rivelato veramente a portata di mano.

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 13/10/2006, 15:47




(...continua)

Il penultimo piano della torre altro non era che la gigantesca base di una scalinata alta alcune migliaia di gradini.
Zartas, ben sapendo che nulla ormai gli avrebbe impedito di recuperare il Sacro Graal, si inginocchiò alla base del primo gradino ad iniziò la scalata a carponi, come era usanza fare in tali circostanze come segno di rispetto.

Gli altri compagni seguirono l’esempio del paladino inginocchiandosi di fronte all’imponente rampa e dando così inizio ad una faticosa e lenta scalata.
Tutti si misero in ginocchio fatta eccezione per Darna che si rifiutò categoricamente di calpestare il proprio onore in favore di una qualche insensata divinità: la ladra atea, infatti dava più importanza al proprio orgoglio piuttosto che al rispetto verso una qualsiasi autorità divina e notando che la salita le era impedita da una forza misteriosa che le imponeva di inginocchiarsi si fermò incrociando le braccia.
Avrebbe rinunciato volentieri al Calice piuttosto che oltraggiare il proprio senso dell’onore.

Zartas fu il primo a raggiungere la cima dell’imponente gradinata.
Gli occhi del paladino divennero lucidi quando questi posò lo sguardo sul Sacro Calice con ammirazione e reverenza: il Santo Graal era a portata di mano ed attendeva solo di essere assaggiato dagli uomini che avevano dimostrato di essere puri di cuore.
Il chierico si avvicinò lentamente al piedistallo in marmo finemente lavorato: numerosi simboli sacri, simili a quelli che decoravano le pareti del primo piano, arricchivano il solido cilindro.
Un calice in oro, tempestato di rossi rubini splendenti, attendeva accuratamente poggiato su un grosso cuscino scarlatto sulla sommità del piedistallo.

Zartas afferrò il calice: all’interno un liquido trasparente, che a prima vista si sarebbe detto acqua, colmava l’oggetto. Senza esitare ulteriormente l’uomo bevve a grandi sorsi il contenuto del manufatto sacro.
Appena ebbe finito di abbeverarsi Zartas ripoggiò il calice sul cuscinetto dove lo aveva preso e un attimo dopo si sentì stranissimo: un’immensa energia scorreva dentro lui con tutta l’intenzione di saltar fuori.

I compagni del paladino, che stavano ancora percorrendo l’infinita salita, videro una luce immensa provenire dalla cima per poi sparire.
Ad uno ad uno tutti coloro che erano riusciti a raggiungere la scalinata e a iniziarne la scalata giunsero in cima, al cospetto del Sacro Calice.
Uno dopo l’altro bevvero il contenuto della Santa Coppa e uno dopo l’altro ebbero la stessa reazione.

Dopo aver bevuto il contenuto del Graal, i valorosi cercatori esplodevano emanando una luce intensa e accecante.
Quando tutti e cinque i virtuosi ebbero bevuto il sacro liquido il mondo si oscurò anche per Darna ed Eronor.

(continua...)
 
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Nardu
view post Posted on 13/10/2006, 15:49




(...continua)

Quando Darna aprì gli occhi si rese conto di essere fuori dalla Torre, di fronte al portone d’ingresso. Tutti i suoi oggetti, rubati e distrutti, erano tornati in suo possesso perfettamente integri. Anche i compagni della ladra erano al suo fianco e anche loro avevano recuperato i rispettivi averi.
La ladra osservò con attenzione coloro che aveva visto esplodere in una sfera luminosa ma non notò nulla di differente nel loro aspetto.

Infatti i cinque cavalieri virtuosi che erano riuscivi ad abbeverarsi al Sacro Fuoco del Graal non avevano subito nessuna ripercussione nel proprio aspetto e nel proprio corpo, ma i loro cuori erano stati purificati da ogni forma di male e i loro animi erano diventati più forti. Ora erano uomini diversi e, da un certo punto di vista, uomini migliori.

Le sette bestie magiche avevano atteso con pazienza il ritorno dei loro padroni, di fronte al grande portone della torre ora chiuso, pronte a servire.
Subito i presenti si accorsero che qualcosa nell’ambiente era cambiato. Il cielo, che al loro arrivo mostrava nubi nere e cariche di tempesta, era limpido e puro, decorato qua e la da qualche limpido cumulonembo; inoltre il cratere, al centro del quale sorgeva la torre, era sparito, come anche le terribili creature che lo popolavano, e al suo posto un’enorme e rigogliosa pianura si estendeva mostrando tutti i frutti della generosa natura di quel luogo.

Il gruppo era decisamente contento e soddisfatto, nei loro cuori ogni preoccupazione o rammarico era svanito e si sentivano in pace nel constatare che avevano affrontato una grandissima prova e anche la natura intesseva loro lodi di gloria.
Tutti erano felici tranne Draugnim.
Il volto dell’elfo era rigato da una solitaria lacrima che scendeva lentamente lungo la liscia pelle verde; nessuno si era accorto del tormento del guerriero, nessuno tranne…
“Cosa tormenta il tuo animo, nobile elfo, in tal misura da portarti al pianto?” chiese Eronor, al cui occhio artificiale, che in realtà altro non era che una pietra dai poteri psionici, non sfuggiva nulla.
In quel momento anche gli altri del gruppo si accorsero dello stato d’animo del loro compagno e iniziarono ad interrogarlo, ma il superbo individuo, asciugandosi la lacrima come se nulla fosse successo, negò ogni sospetto evitando di rispondere apertamente e facendo così cadere la conversazione nel silenzio.

Legati da un tacito accordo, i sette montarono in groppo alle loro fantastiche bestie magiche e partirono a gran velocità per tornare alla Curonne, la tanto accogliente ed amata capitale del regno di Bretonnia, ove avrebbero potuto riposare e prepararsi alla prossima avventura.
 
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