Ricordi?

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Nardu
view post Posted on 12/7/2013, 12:03




La diligenza si muove a gran velocità sotto la pioggia e il vento sferzante. Il cielo è buio e per via del maltempo non vi sono tracce della Luna e delle stelle. I quattro cavalli a traino della carrozza s'impegnano per mantenere la presa sul ciottolato inondato e scivoloso, correndo sotto gli ordini imperativi di un uomo ormai fradicio che non la smette di dimenarsi urlando e agitando le briglie a mo' di fruste.

Svoltato un anonimo angolo, evidenziato solo dalla luce emanata dalla lanterna schermabile al fianco del cocchiere, il carro rallenta all'improvviso e senza un apparente motivo.
L'uomo, mentre cerca di difendere le membra dalla brezza gelida seppur con scarsa possibilità di riuscita, si volta verso l'interno della carrozza.
Odo a malapena le sue parole, portate via della furia del vento.
"Un controllo... Conte... Gendarmeria... Questione di un attimo..."

La carrozza mi si avvicina e io esco dalla nicchia scura in cui mi ero riparato, rimanendo lontano dal cono di luce proiettato dalla lanterna. In ogni caso il cocchiere mi nota e seppur appaia visibilmente scosso in volto, non fa alcun gesto improvviso.
Attendo sul ciglio della strada.
"Ohhh..." La carrozza mi si ferma al fianco E non pronuncio alcuna parola, ma mi limito a sollevare il lembo del cappello in modo che i miei occhi possano incrociare quelli dell'uomo. In realtà indosso una maschera e il mio sguardo umano è celato dietro occhi meccanici. Forse è questo più del resto a spaventare la persona che ho dinnanzi, ma non vi sono obiezioni né commenti a riguardo.

Egli scende con fare agitato e fa per dire qualcosa, ma io lo precedo. Alzo una mano con il palmo rivolto verso l'alto e ricolmo di un anonimo sacchetto in cuoio nero. L'ex-cocchiere mi guarda per un solo istante, ma il muoversi della messa a fuoco di una delle lenti della mia maschera scioglie ogni dubbio del momento.
Senza pensarci due volte il malcapitato afferra il sacchetto che emana un eloquente tintinnare metallico, gira i tacchi e fa per andarsene.

Ma tutto ciò rientrava nei miei piani.
Appena ho davanti a me le spalle della mia vittima, la mano che fino a quel momento era rimasta libera si proietta in avanti. Contemporaneamente una lama celata scatta dall'avambraccio.
La mano che un istante prima aveva elargito danaro ora pretende silenzio: si pone sulle labbra dell'uomo colto alla sprovvista con prepotenza e lo costringe a tacere mentre pongo fine alla sua vita con un unico colpo preciso ed elegante.
Un normale assassinio eseguito con la maestria dovuta dalla molta pratica.

Con estrema calma mi volto verso la carrozza e giunto alla porta apro con gentilezza pronunciandomi appena. Saluto il passeggero con un rispettoso inchino del capo.
Egli mi guarda a bocca aperta.
Sollevo il braccio destro, come stessi per porgere una mano e dall'avambraccio scatta in avanti una piccola canna metallica.
Il boato dell'esplosione riecheggia nel vicolo deserto. Il fumo si dissipa velocemente portato via dal vento.
Richiudo la porta, recupero il sacchetto con le monete e dieci minuti dopo sono dalla parte opposta della città con altre due morti sul curriculum.

Mi avvicino allo schienale dello scranno volto verso il camino della calda stanza. Dietro di me lascio una scia d'acqua sul tappetto in velluto rosso, ma nessun rumore.
Mi inginocchio a terra e tolgo la maschera con la mano sinistra, mentre la destra sorregge già il cappello deposto varcando l'ingresso.
Lo specchio alla mia destra cattura la mia immagine mostrandola al mondo intero.
Un lungo cappotto scuro copre abiti eleganti e distinti. Al posto della cravatta vi è un medaglione raffigurante la testa di un lupo. Il viso è quello di un uomo sui quaranta, ormai indurito dagli anni e dalla vita. Gli occhi sono profondi quanto gli infiniti strati dell'Abisso ed enigmatici quanto l'intera figura, forse per via della loro particolare colorazione asimmetrica o forse per la loro pupilla dalla forma irregolare e marcatamente selvaggia.

"E' morto, Maestà..."
Mi rivolgo alle spalle del mandante, che non posso e non voglio vedere.


Apro gli occhi e sono vestito di stracci in mezzo ad un campo all'ombra di un albero nel bel mezzo di una foresta.
Sono madido di sudore e scosso da lievi tremori.
Non faccio in tempo a rialzarmi che un lupo di 50kg mi salta addosso...
"Fenrir!" mi limito ad urlare con voce secca e gutturale, come se parlare mi costasse immensa fatica.
Il canide si arresta e fa due passi indietro guardandomi soddisfatto.
Poi improvvisamente volgiamo lo sguardo nella stessa direzione. Lo sentiamo. Arrivano i Lupi.


La landa è desolata avvolta da una permanente luce arancione come sul far di un infinito crepuscolo. Per miglia e miglia non si può incrociare altro che roccia e silenzio.
Un uomo avanza solo con passo strascicante. E' quasi completamente nudo e coi piedi scalzi ma legata alla schiena porta con sé una grande falce.
Sembra molto anziano seppur con un fisico ancora possente e ricoperto da una folta peluria argentea. Il suo volto è quasi completamente nascosto da barba e capelli lunghi, ispidi e incolti.
Il torace, le braccia, la schiena e il collo dell'uomo sono decorati da vividi motivi luccicanti, come tatuaggi incisi con argento brillante.
"Dove sei?" urla al cielo, ma non riceve risposta.

Continua a muoversi spinto a forza ma non sa se è la determinazione o la disperazione a dargli energia.
Ad ogni passo stringe nella mano un foglio di pergamena di pecora. Le scritte sono fitte e vergate con inchiostro nero, ma ad ogni passo divengono sempre più illeggibili per via del sudore che le divora. Ad ogni passo la carta si straccia sotto la pressione e il movimento delle dita cariche d'odio.
Dopo cento passi il sangue inizia a sgorgare da quella pressa marmorea e di certo non è il foglio a spargere in terra la sua linfa vitale.
Dopo mille passi brandelli di pergamena intrisi di liquidi china e amaranto cadono in terra disperdendo per sempre i loro segreti.
"Dove sei, vigliacco?" urla al cielo, alla terra e ad ogni cardine. "Mia sorella..."

E' proprio quando cade a terra in ginocchio sopraffatto dal dolore e dalla disperazione che l'uomo si accorge di qualcosa. Un segno familiare, una direzione da seguire.
Corre con rinnovata energia, come se finora non avesse fatto altro che riposare per quel momento. La sua massa muscolare aumenta in un batter d'occhio, i suoi arti si allungano in maniera sproporzionata, il suo muso si affila e il pelo diventa irto e folto quanto il manto di un Lupo.
Gli artigli scavano il terreno mentre i poderosi muscoli spostano in avanti la belva veloce come un treno.
Il naso setaccia l'aria inseguendo la pista.
In pochi attimi è davanti ad una ragazza a terra, nuda e violata.

L'uomo seppur tornato uomo nel corpo resta belva nell'animo e non riesce a ragionare.
Si fionda sulla sorella, l'accoglie tra le sue braccia, si rincuora quand'ella apre gli occhi e lo supplica muta di portarla lontano.
Ma solo dopo un vano tentativo inquadra la situazione: la ragazza ha una catena al collo che la inchioda al terreno.
Senza indugio l'uomo afferra con una possente mano la catena pronto a tirare, ma questa al contatto gli ustiona le carni. Lui è incurante. Stringe di più. Tira di più.
Ma la catena si difende e come se prendesse vita genera anelli secondari che si stringono intorno alla mano dell'uomo. Più egli tira e più la catena stringe opponendo resistenza. Più stringe e più la carne brucia.
Abbandona allora la presa e l'oggetto maledetto torna alla quiete.

L'uomo poggia delicatamente la sorella a terra e solo adesso la guarda veramente. Il suo corpo nudo presenta ustioni, vestigia di sevizie e atrocità. Il collo è segnato da una profonda ferita e tutt'ora continua a sfrigolare a contatto con il metallo maledetto. Lei è al limite di un sonno eterno, come fosse prosciugata.
Allora l'uomo fa appello a tutta la sua determinazione e alla sua ira.
Afferra con entrambe le mani la base della catena e tira con tutte le sue forze.
Il suo corpo muta, cresce e s'inferocisce. Nel giro di pochi istanti è alto almeno il doppio e pesa molto più. I suoi muscoli sono d'acciaio e il pelo è un'armatura.
Ma la catena si difende avvolgendosi intorno alle braccia del guerriero e stringendo con forza, mentre catene secondarie sbucate da nessun dove lo frustano sul petto, sul viso e sulla schiena.
La lotta dura un'eternità...

Infine l'uomo cade a terra distrutto nel corpo e nello spirito.
Il suo volto è sfregiato da orrende ferite, il suo corpo martoriato da segni che ucciderebbero chiunque e le sue braccia sono delle masse sanguinanti non più definite. E la catena, dipinta con cremisi vernice, resta illesa al suo posto e attende quieta.
Seppur distrutto è sufficiente uno sguardo verso il suo traguardo per ridar coraggio e rinnovato vigore al Possente.
Si rialza in piedi mentre e con entrambe le braccia afferra la sua grande falce, la soppesa e scaglia un unico colpo preciso alla base della catena.
L'aria viene sferzata da un colpo poderoso e la catena soffre ferita.
Lo sguardo di gioia dell'uomo dura però solo un istante perché la soddisfazione dell'aver trovato un modo per distruggere quella diabolica trappola si tramuta in sgomento nel costatare il reale prezzo di quell'avventato gesto.

La catena ferita sfoga tutto il suo dolore stringendo il collo della sua prigioniera con forza inaudita. Fiamme violacee lambiscono la carne della ragazza.
Ella inarca la schiena e si dimena come un pesce fuor d'acqua cercando inutilmente sollievo. Spalanca la bocca ma non esce un singolo lamento Il fiato è strozzato. Gli occhi si spalancano, ma sono bianchi e rivolti verso l'interno. In fuga.
Il tutto dura pochi istanti ma sufficienti a far crollare ogni resistenza dell'uomo impotente e afflitto dal senso di colpa.
Lascia cadere la sua arma. Lascia cadere il proprio corpo sulle ginocchia.
Lascia cadere le proprie lacrime sul terreno arido.
Ora capisce la reale pericolosità del suo nemico, ora capisce il reale scopo di quel cinico gioco.

La fanciulla socchiude gli occhi e vede il fratello.
Muove la bocca come per dir qualcosa, ma le manca il fiato. L'uomo però la nota e le si avvicina.
"Ha... Fame..." sussurra con un immenso sforzo. Poi le cade il capo di lato e la sua mente torna nella nebbia dell'inconsapevolezza.
Fortunatamente l'indizio è sufficientemente chiaro per l'uomo che determinato a correre qualsiasi rischio per la sorella afferra con delicatezza la catena, ignorando la spiacevole sensazione di bruciore, e inizia ad infondere nell'oggetto le sue poche energie residue.

Fame...
La catena assorbe con avidità tutto ciò che le viene concesso, pretendendo di più. Sempre più.
Fame...
L'uomo le concede tutto sé stesso senza riserve e la catena afferra l'arraffabile.
Fame...

L'uomo cade a terra privo di ogni energia, ad un passo dall'Oblio.
La catena appare soddisfatta.
Il Possente si aggrappa con tutte le sue forze al briciolo di coscienza che gli rimane, mentre la vista diventa altalenante. La sua Essenza vitale è agli sgoccioli.
Gli anelli metallici si fanno sempre più piccoli ed iniziano a ritirarsi, staccandosi dal terreno e riassorbendosi nel collare della ragazza.
Ella apre gli occhi sconvolta.

La fanciulla si alza in piedi e osserva il fratello con uno sguardo indecifrabile.
Sembra confusa e persa in quel mondo di molte energie e poche realtà.
Con gesti ponderati si afferra il collare con entrambe le mani e lo strattona con poca energia: questo si separa in due metà senza difficoltà.
In quell'istante il corpo di lei inizia a sfocare ed ad assumere un aspetto cangiante. Il fratello non sa se dubitare della sua vista fallace o della mutevole Trama stessa della realtà.
Le ferite e i segni delle sevizie vengono meno, le note forme femminili svaniscono. Il corpo diviene quello di un uomo, ricoperto da mille cicatrici di un altro tempo.
Solo le ustioni intorno al collo restano immutate.
Il volto familiare della ragazza si perde in due occhi bicromatici e selvaggi. Il nuovo viso è incorniciato in una barba scura e ispida, lunghi capelli neri ricadono sulle spalle. Le orecchie sono appuntite quanto i canini e i denti affilati mostrati in un sorriso a mezza bocca.
Il corpo dell'uomo è poderoso e teso, anche se non minaccioso come la massa del Possente Guerriero.
Ora al collo luccica leggermente un medaglione delle fattezze di una testa di lupo.

Il nuovo comparso si avvicina all'uomo a terra e gli si inginocchia al fianco. Gli accarezza il volto con delicatezza evitando accuratamente i terribili squarci ottenuti nella battaglia.
Gli offre un amichevole sorriso, senza dir nulla. Poi unisce le due metà del collare intorno alla gola dell'inerme.
Istantaneamente l'oggetto maledetto si rianima. Il metallo sfrigola al contatto con la carne, ardendola senza pietà. Il prigioniero caccia un lamento di dolore, smorzato da una mortale stanchezza. Una lunga e spessa catena prende forma infilandosi nel terreno con la rapidità di un serpente.
L'uomo misterioso estrae da una tasca un foglio di pergamena di pecora con vergate fitte parole scure. Lo mostra distrattamente al prigioniero che ripensa all'inizio di tutto e all'inganno con cui è soggiogato e sconfitto.
"Questa è per tua sorella..." sono le ultime parole che il Guerriero riesce ad udire prima che l'inferno violaceo gli avvolga la gola cacciandolo definitivamente nell'ombra eterna.

L'Ingannatore si alza in piedi e recupera la falce della sua ennesima vittima.
Senza guardarsi indietro si avvia in una direzione nota solo a lui, lasciandosi alle spalle il Lupo in letargo nel mezzo della Landa.


Sto correndo alla massima velocità.
Smetto di pensare al perché. Ora è giunto il tempo di agire.

Non indosso nulla se non dei pantaloni in tela mentre il mio busto è decorato con terribili ferite di cui ignoro l'origine.
Corro veloce e la lama della Falce solca il terreno lasciando una scia lungo il mio cammino.
Un istante e sono sul mio avversario. Roteo su me stesso afferrando solo ora l'asta con due mani e imprimendo una forza inaudita. La luna d'acciaio penetra senza difficoltà nel tronco attraversandolo come fosse di burro.
Metà lupo e metà uomo cadono a terra contorcendosi.

La foresta tace per qualche istante. Mi guardo intorno e li vedo. Stanno correndo nella mia direzione.
Quando sono ormai troppo vicini con la mano destra poggio mi sorreggo all'asta della Falce incastonata nella terra, usandola come bastone, mentre sollevo al cielo la sinistra che muta forma e assume sembianze ferine.
"Fenrir Naho O'olosh Sundar Venthil Mak!"
Mi inginocchio battendo con foga il palmo, che rimane incollato al suolo attratto da una forza non mia. Quando lo risollevo sanguina copiosamente e impresso nel terreno vi è un marchio di fuoco della forma delle mie dita.
Intorno a me la battaglia ha inizio!
Ululati e latrati. Dolore e sangue.
Il mio esercito aggredisce i nemici. I Lupi divorano i Lupi.

Mi guardo intorno, ma i miei occhi non vedono. E' il mio spirito a seguire gli eventi.
Un boato perforante.
Un fulmine dalle mille sfumature del cielo si abbatte sulla mia schiena. Sono con la faccia immersa nel fango e nel mio stesso sangue.

Vedo la falce lontana...
Vedo la testa di un Lupo cadere al mio fianco...
Vedo l'Essenza fuggire via...
L'ombra mi prende... E son certo di esser morto...


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