Taffy, Ideata da Taffy -- Tratta dal forum DarKillerS

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Nardu
view post Posted on 19/4/2006, 19:36




I primi raggi di sole penetrarono a fatica dalle finestre annerite dalla polvere e dalla fuliggine, un nuovo giorno stava sorgendo alle miniere di mithril mentre fuori la neve cadeva ricoprendo il prato e il boschetto che si intravedeva dalla finestra della mia camera.
Nonostante avesse nevicato spesso in quei giorni riuscivo sempre ad incantarmi di fronte a quello spettacolo: fiocchi grandi e bianchi cadevano silenziosi danzando al minimo soffio di vento riflettendo i timidi raggi di sole e dando un velo di magia all’alba silenziosa.
In quel periodo dell’anno faceva molto freddo e la neve cadeva in abbondanza, durante il giorno per le strade i bambini correvano felici trainando slitte e facendo grandissimi pupazzi di neve mentre di sera i minatori, finito il lavoro, si rinchiudevano nelle numerose locande a bere birra e liquori in compagnia ridendo e scherzando per dimenticare le fatiche della giornata lavorativa.
Sentii mio papà Goffo svegliarsi e prepararsi per una nuova giornata di lavoro alle miniere, decisi di andare da lui per salutarlo e augurargli un buon lavoro prima che uscisse.
Goffo era un buon padre premuroso e cercava di darmi il meglio visto che mia madre Cindy era morta mettendomi al mondo cinque anni prima. Da quel giorno per papà era stata dura ma aveva sempre cercato di fare del suo meglio per compensare quella tragica perdita e, nonostante fosse ancora addolorato per la scomparsa della mamma, riusciva a non darlo a vedere e a trasmettermi tanto amore.
Io ero tutto per lui e lui era tutto per me.
Alto un metro e poco più, con il suo bel pancione e la sua lunga barba bianca tipica dei nani di una certa età, aveva perso ormai tutti i capelli e sul suo volto si leggeva la stanchezza data dai trent'anni di lavoro passati a scavare tunnel per cercare mithril nelle miniere.
Erano tempi duri per i minatori della zona, il mithril ormai scarseggiava, il salario era basso e ogni giorno c’erano rischi di crollo o infiltrazioni nei tunnel che ormai avevano raggiunto le radici della montagna.

"Buongiorno Taffy hai dormito bene?" mi chiese Goffo "Sì papà benissimo, ho fatto un sogno stupendo... Correvo nella Valle Incantata in groppa ad un unicorno… Un giorno mi ci porterai vero?" "Un giorno ti ci porterò, te lo prometto ma adesso devo andare al lavoro a guadagnare gli adena necessari per la nostra gita alla Valle Incantata".
Con un sorriso affettuoso si alzò dalla sedia, si mise la giacca di pelle di volpe che gli avevo regalato per il suo compleanno l’anno prima e, dopo avermi fatto un cenno di saluto con la mano, uscì dalla porta per recarsi al lavoro.

Un anno passò e l'inverno successivo era finalmente tempo di iniziare la scuola, non vedevo l'ora, desideravo da tanto imparare a fare l'artigiana per poter fare oggetti bellissimi da vendere all'aristocrazia nanesca per poter mantenere me e io mio padre in modo che non dovesse più tornare in quelle brutte miniere.
Il primo giorno di scuola papà mi accompagnò con il drago che solitamente usava in miniera per trasportare i carri pieni di pepite.
Ero felicissima, adoravo cavalcare i draghi e, aggiunto all'emozione del primo giorno di scuola, ne avrebbero fatto il giorno più bello della mia vita.

A scuola ero la più piccola ma, nonostante gli scherzi di cattivo gusto dei compagni perché ero molto timida e riservata, dimostrai subito di essere in gamba e di avere le capacità per diventare una maestra artigiana, la migliore.

Il primo semestre andò alla grande: imparai a leggere e scrivere, studiai la storia dei nani e appresi come la nostra razza nel corso dei secoli si fosse affermata come “la razza degli inventori” inventando macchine per l’estrazione mineraria e belliche sempre più avanzate, appresi le prime tecniche di forgiatura e forgiai i primi oggetti che, seppur fossero solo piccoli anelli e ciondoli, mi diedero grande soddisfazione e infine la maestra mi diete la pagella: tutti ottimi.
Tornai a casa trotterellando e canticchiando allegre canzoncine per la felicità sperando che papà fosse già rincasato per mostrargli i miei risultati ma, quando arrivai, al posto di Goffo c'era il suo capo Bartolo ad attendermi.
"Piccola Taffy, devo darti una brutta notizia... Oggi in miniera c'è stata un'infiltrazione d'acqua e la galleria ha ceduto... Per tuo padre non c'è stato nulla da fare... Mi dispiace... So che era tutto per te... Farò in modo di trovare qualcuno che si prenda cura di te".
“P… papà è m… morto?” Bartolo con un’espressione cupa sul volto annui.
Non riuscii a dire una sola parola, le labbra mi tremavano e gli occhi iniziavano ad essere umidi. Scoppiai a piangere disperata, mio padre non c'era più, ero sola, tutta sola.

Non avendo parenti o amici che si potessero prendere cura di me mi mandarono in un orfanotrofio a Giran dove c'erano bambini e ragazzi di tutte le età e di tutte le razze.

Avevo solo sette anni, ero tra i più piccoli e molti ragazzi più grandi si divertivano a schernirmi e a picchiarmi perché ero piccina e indifesa ma non era quello a farmi male bensì la perdita del mio caro papà.
I giorni passavano e io ero sempre più triste, nessuno mi voleva come amica perché mi ero rifugiata in me stessa e avevo perso la parola mentre i maestri ormai mi ignoravano dopo aver tentato inutilmente per giorni di farmi parlare.
Le giornate per me erano tutte uguali e scorrevano lentamente, troppo lentamente affinché il dolore si placasse.

Una mattina dell'estate seguente ero seduta su una panchina nel giardino dell'istituto e stavo osservando un passerotto cinguettare e zampettare sul ramo di un albero, quella scena mi metteva stranamente di buon umore, lo ammiravo incantata dal suo dolce canto e dal suo piumaggio di un color rosso acceso.
Qualcosa mi colpì alla testa. Caddi a terra per il colpo frastornata, cercai di rialzarmi ma qualcuno mi afferrò e mi spinse contro la panchina. Era Gruntogre, uno stupido orco che si divertiva a picchiare gli altri bimbi e che quella mattina aveva deciso come altre volte di prendere di mira me.
Non piansi, il dolore fisico non era nulla paragonato a quello che avevo dentro ma nemmeno trovai la forza di reagire. Rimasi a terra, nella polvere, con lo sguardo perso nel vuoto mentre l’orco scherzava con gli amici mettendo in mostra i suoi muscoli.
Ad un tratto un ragazzo alto, dalla carnagione chiara e i capelli lunghi e grigiastri con un balzo saltò addosso a Gruntogre buttandolo per terra. I due si scambiarono uno sguardo pieno di odio poi l’orco si rialzò e si gettò contro quel ragazzo. Prontamente quest’ultimo si scansò e gli diede un calcio nel fondoschiena. L’orco cadde a terra urtando violentemente il muso e, mentre gli amici lo deridevano, si alzò e scappò via piangendo.
Non sapevo che pensare, quel ragazzo misterioso mai visto prima si stava avvicinando a me e io non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi castani, tristi e profondi.
Si inginocchiò accanto a me e mi tese la mano "Alzati piccola, d'ora in poi quell'orco non ti darà più fastidio".
Riuscii a malapena e con la voce tremante a dire grazie, poi scappai in camera.
Chi era quel ragazzo? Perchè mi aveva aiutata? Non riuscivo a capire, nessuno in quella scuola si era mai interessato a me.
Sentii dei passi lungo il corridoio, mi voltai per vedere chi fosse, speravo che fosse lui.
"Perchè sei scappata bella bambina? Non avrai mica paura di me, io sono tuo amico" "A...amico? M...ma io non ho amici..." "Ora ci sono io piccola, mi chiamo Lowan e tu?" "I...io sono t... Taffy"...
I suoi modi di fare gentili e cordiali mi fecero sentire subito a mio agio.
Parlammo per ore e ore delle nostre vicende, delle nostre avventure e delle nostre disgrazie.
Ero contentissima: finalmente avevo un amico.

Io e Lowan avevamo molto in comune, ci piacevano le stesse cose, dall‘idromele alla passione per la cultura elfica, il suo sogno era quello di diventare un grande gladiatore e io volevo imparare a forgiare le migliori spade e armature per lui.
Grazie a Lowan iniziai a riprendere fiducia in me stessa e il ricordo della morte di papà iniziò a far via via sempre meno male.
Studiavamo insieme, pranzavamo insieme e dormivamo persino nella stessa stanza perché i maestri avevano deciso di metterci nella stessa camera visto che grazie a lui stavo recuperando pian piano la voglia di vivere.

Il clima in quell’orfanotrofio, anche se migliorato, restava però insopportabile: nessuno osava più schernirmi dopo che Lowan picchiando Gruntogre aveva dimostrato di essere il più forte e gli studi procedevano bene ma ci sentivamo in gabbia: i nostri sogni ci attendevano oltre le mura di quella piccola città.
Io e Lowan parlammo per molti giorni dei nostri progetti e alla fine decidemmo di fuggire per vivere la più grande avventura che si fosse mai narrata.

La notte senza luna seguente aspettammo che tutti si fossero addormentati per sgattaiolare fuori dalla finestra.
Corremmo verso il muro che separava l’orfanotrofio dalla Via dei Mercanti con l’intendo di scavalcarlo e fuggire.
"Prendi questo lenzuolo Taffy ti aiuto a scavalcare il muro esterno poi lanciamelo e aiutami a passare" "Va bene!”
“1...2...3... Op!”
Lowan mi sollevò per fami raggiungere con le mani la sommità del muro, io mi aggrappai e con un piccolo sforzo riuscii ad arrivare in cima al muro. Saltai dall’altro lato del muro sulla strada di porfido: finalmente ero fuori dall’orfanotrofio, ero libera di tornare a correre nei prati e di sdraiarmi di notte sull’erba per guardare le stelle.
Lanciai il lenzuolo a Lowan e non appena lo ebbe preso tirai con tutta la mia forza per aiutarlo a scavalcare.
Eravamo liberi di fuggire, a Giran era notte, l’assenza della luna rendeva ancor più scura la città illuminata solo da qualche fiaccola, tutti dormivano e nessun cittadino ci avrebbe notati; l'unico problema sarebbero state le guardie.
Iniziammo a correre verso la porta ovest cercando di evitare sguardi indiscreti ma le guardie ci videro e ci fermarono.
"Ragazzi non potete uscire a quest'ora della notte, venite vi riporto a casa immediatamente, dove abitate?" ci chiese una guardia mentre l'altra ci tratteneva per le vesti.
Non potevamo ritornare in quel postaccio, ci avrebbero sicuramente messi in castigo ma soprattutto non volevo rinunciare alla libertà che ormai era così vicina da poterla fiutare nell’aria.
Per la prima volta da quando morì papà sentii una forza dentro di me che mi diceva "Taffy ce la puoi fare!".
Morsi il braccio della guardia che subito mollò la presa e iniziai a correre a più non posso mentre Lowan, sfruttando il momento di distrazione della guardia, gli tirò una gomitata nello stomaco e si mise ad inseguirmi.
"Fermatevi o saranno guai piccoli bastardi!" ci intimidavano le guardie ma noi continuavamo a correre senza voltarci.
Mentre correvo lungo la strada ghiaiosa inciampai e mi sbucciai un ginocchio, bruciava tantissimo, non riuscivo a rialzarmi.
"Vieni Taffy ti aiuto io".
Lowan mi aiutò a rialzarmi, mi prese in braccio e riprese a correre, era proprio il miglior amico del mondo. Corse per parecchio tempo, non so per quanto esattamente, io per l'emozione e la stanchezza mi addormentai tra le sue braccia.

Mi risvegliai il mattino seguente distesa su un piccolo giaciglio di foglie ed erba verde molto soffice, Lowan era lì al mio fianco e mi osservava in silenzio.
"Abbiamo seminato le guardie ma per far perdere le nostre tracce ho dovuto portarti qui, l'unico modo per scomparire definitivamente è passare per la terra delle esecuzioni e dirigerci verso Dion. è una strada piena di pericoli, si dice che spiriti maligni si aggirino in quella terra, te la senti di continuare?" "Se te la senti tu io resterò al tuo fianco, mi fido di te" "Allora andiamo Taffy ma attenta a non affaticare troppo il ginocchio, io l'ho medicato con alcune erbe curative che ho raccolto qui intorno ma ci vorranno un paio di giorni perché torni come nuovo".
Guardai il ginocchio e vidi che Lowan aveva lavato il sangue e mi aveva annodato un impacco di erbe con un pezzo di stoffa strappato dalle sue vesti.
Non sentivo più il dolore, non tanto per la medicazione ma perché l’emozione di essere di nuovo libera con il mio migliore amico accanto era così grande da farmi dimenticare ogni male.

Avanzammo per qualche chilometro fino a quando in lontananza scorgemmo una terra bruciata e oscura, occupata da colline nebbiose e paludi, quella era la terra delle esecuzioni.
Arrivammo alla soglia della palude, alberi alti e sinistri si ergevano di fronte a noi e sembravano avere una propria anima nonostante l'aspetto trasmettesse morte e sofferenza.
"Taffy d'ora in poi staremo in silenzio, meglio non disturbare la foresta che dorme" mi disse Lowan, io annuii.
Quel posto metteva i brividi, si vedevano scheletri impiccati sui rami degli alberi, l'acqua della palude emanava odore di morte e putrefazione, si sentivano canti e lamenti inquietanti nell'oscurità causata da una fitta nebbia.
Si narrava che in quel posto, due ere prima, vi era stata una grande battaglia tra umani ed elfi oscuri e che alla fine della battaglia gli elfi oscuri ebbero la meglio. Gli elfi oscuri pieni di odio e rancore nei confronti dei rivali giustiziarono tutti i prigionieri catturati dopo giorni di atroci torture. Gli spiriti di quei guerrieri vagavano ora in quelle terre, imprigionati dalla sete di vendetta e dal peso della sconfitta.
Qualcosa si mosse dietro di me, mi voltai di scatto per vedere cosa fosse ma prima di riuscire capire chi si celasse alle mie spalle Lowan mi prese per un braccio e mi buttò a terra "Taffy stai giù c'è un non morto!"
Lowan si scagliò addosso al non morto e lo colpì violentemente con una pietra, il non morto cadde a terra ma subito si rialzò e mi fissò intensamente negli occhi. Le pupille mi si dilatarono, il cuore iniziò a battermi sempre più forte mentre restavo lì, a terra immobile a fissare quel mostro. Era come se le forze mi stessero pian piano abbandonando, mi sentivo stanca, non riuscivo a muovere nemmeno un dito cosa mi stava succedendo?!
"Noooooo lasciala stare non avrai la sua anima spirito maligno che non sei altro!" urlò Lowan mentre colpiva nuovamente prima una, poi due e tre volte il non morto fino a farlo cadere a terra con il cranio spappolato.
Quel mostro mi aveva fatto un incantesimo, stava cercando di imprigionare la mia anima nel regno delle tenebre, sentivo solo un fievole soffio di vita dentro di me poi, di colpo, il mio cuore smise di battere e persi i sensi.
Il non morto si rialzò ed emise un urlo pieno di rabbia. La foresta si animò, gli alberi mossero le radici e sulla loro corteccia comparvero degli occhi rossi e indemoniati, le rocce si sollevarono assumendo sembianze umane e un suono di corno in lontananza riecheggiò per tutta la palude.
Lowan, disperato per la mia situazione, mi prese in braccio e iniziò a correre come il vento.
Alle nostre spalle la foresta stava infuriando, un intero esercito di non morti e di golem ci stava inseguendo guidato dall’oscuro signore della terra delle esecuzioni.
Lowan correva il più velocemente possibile per la palude cercando disperatamente un’uscita ma il peso del mio corpo tra le braccia, seppur piccolo ed esile, lo rallentava mentre l'oscuro signore e tutta la sua orda guadagnavano terreno.
Un bagliore improvviso accecò Lowan, una freccia incantata gli sfiorò la guancia e velocissima andò a conficcarsi nella testa dell'oscuro signore facendolo cadere all'indietro. L'oscuro signore lanciò un urlo disumano così acuto che il terreno vibrò.
"Questo non basterà a fermarlo, seguimi, veloce!"
Lowan seguì quello strano individuo attraverso piccoli sentieri quasi cancellati nella palude.
"Ci siamo quasi, oltre la nebbbia quegli esseri non possono andare, non possono imbattersi nella luce coloro che sono avvolti solo da ombre e tenebre" disse il nostro salvatore mentre faceva strada.
La nebbia iniziò a diradarsi, la luce iniziò a penetrare, all'inizio fievolmente poi sempre più forte fino a quando non si udirono più le urla di quei mostri maledetti e si scorse il cielo limpido e azzurro.
"Siamo salvi ormai, puoi pure adagiare la tua compagna qui sull'erba, penserò io a curarla. La sua ferita non è nella carne bensì nello spirito e io so come fare, ho ricevuto qualche insegnamento dai monaci dell’ordine di Shilen".

Ero avvolta dalle tenebre, non riuscivo a capire dove fossi quando all’improvviso sentii una voce strana, una specie di eco riecheggiare nell’oscurità. Non capivo le parole, sembrava elfico ma non quello moderno, era arcaico, aveva tonalità dolcissime e anche se non capivo il significato era come se mi chiedesse di svegliarmi. Il canto continuò fino a quando non so come le parole iniziarono ad avere un senso nella mia mente: sembravano dire:”Anima persa nelle oscure terre dell’aldilà maledetto, segui la via della luce e trova il cammino verso casa”.
Vidi dall‘alto il mio corpo disteso sull‘erba avvolto da un silenzio surreale poi non so come una sfera infuocata trapassò la mia carne all’altezza del petto.
Il mio cuore riprese a battere prima lentamente poi sempre più veloce, la vita stava riprendendo a scorrere in me, aprii gli occhi lentamente e rimasi abbagliata dalla luce del sole.
Iniziai a mettere a fuoco le due ombre che avevo di fronte, uno sembrava Lowan mentre l'altro era un ragazzo alto, con la carnagione scura e i capelli neri con qualche ciocca bianca pettinati all’insù che teneva in mano una pergamena o qualcosa di simile.
Lo strano ragazzo mi fissò e mi disse "Svegliati piccoletta e torna nel regno di noi esseri viventi, stavi per perdere la tua anima ma per fortuna ero di passaggio e ti ho salvata. Non sforzare troppo la vista, eri in una terra buia dominata dall’ombra, i tuoi occhi non sono più abituati alla luce ma non preoccuparti, ci vorrà poco"
Mi misi a sedere sull'erba, ancora non capivo cosa fosse successo e chi fosse quel tipo, Lowan mi spiegò tutto.
"Io sono Israfil, discendente di Dekath il capostipite della più grande casata elfica del regno del nord, maestro nell‘arte della daga, buon arciere e ottimo compagno di bevute"
Io e Lowan ci scambiammo uno sguardo per interrogarci a vicenda su chi potesse essere questo Dekath.
"Dal vostro sguardo devo dedurre che non abbiate mai sentito parlare di Dekath, il maligno guerriero senza pietà pronipote di Askar, colui che ha combattuto la battaglia di Albion divenuta poi la terra delle esecuzioni. Dopo l'esilio a cui sono stato sottoposto per aver disobbedito agli ordini di Dekath riguardanti un assassinio di povera gente innocente ho vagato per le terre del sud in cerca di avventure ma adesso è giunta voce che Valnir, figlio di Dekath abbia ucciso il padre e tutti i membri della nostra casata in un agguato e io sto tornando per servirlo. Si dice che sia un capo carismatico e molto potente, che abbia già molti seguaci e che abbia fondato una potente gilda di assassini dai nobili principi: i Darkillers. Essi non uccidono per denaro o per potere ma solo per difendere i più deboli dalle persone come Dekath".
Era l'avventura giusta per me e Lowan, lui avrebbe potuto imparare l'arte della spada e coronare il suo sogno diventando un gladiatore, io invece avrei potuto apprendere le tecniche di forgiatura e diventare così una grande artigiana capace di creare spade affilate come rasoi e armature dure come il mithril.
Guardai Lowan con uno sguardo ci complicità, lui capì e mi fece cenno di sì.
“Signor Israfil io e il mio amico Lowan vorremmo tanto unirci a te nella tua avventura per raggiungere le terre del nord e aggregarci alla casata del tuo signore, se per te non siamo un peso desidereremmo seguirti”
Israfil rimase in silenzio per qualche secondo, avevo paura che non ci volesse tra i piedi ma non feci in tempo ad aprir bocca per tentare di persuaderlo che con un timido sorriso sulle labbra ci fece cenno di seguirlo.
“Seguitemi, sembrate affamati, ci fermeremo alla locanda di Dion per un abbondante pasto e una bella bevuta per festeggiare il nostro incontro. Domani dopo aver riposato proseguiremo per le terre del nord, miei giovani amici”.
Ero felicissima, quella era l’avventura giusta per me: ricca di sfide, nuove terre da esplorare, nuovi amici e pure nuovi rivali; sarei diventata una Darkiller!
 
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