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Un uomo dall’aspetto socievole, di costituzione robusta e con un sorriso rassicurante si avvicinò. Fece strada parlando con tono affabile “Da questa parte signori…” Il ciambellano iniziò a percorrere il palazzo reale conducendo gli avventurieri lungo un corridoio ivi si trovava l’armeria personale del sovrano.
“Messere…” disse rivolto a Durlach “…come posso aiutarla?” ma notando subito l’arma dell’uomo aggiunse “Un arciere! Bene bene, vada per quella porta…” Durlach seguì il consiglio della loro guida e si divise dal gruppo che proseguì lungo il corridoio.
“Signor elfo di mezzo-sangue…” quasi sussurrò il ciambellano con un tono meno gentile rispetto a prima “…può attraversare quella porta, troverà ciò che le serve.” Drazius eseguì senza obbiettare.
“Lei signore che porta il cappuccio…” disse a Draugnim senza guardarlo “...di cosa ha bisogno?” “Sono un guerriero, qualsiasi cosa possiate offrirmi sarà ben accetta.” “Bene allora attraversi la prossima porta a destra, troverà ciò di cui ha bisogno.” Draugnim senza farselo ripetere varcò la soglia designata.
“Per lei signor…?” disse rivolgendosi direttamente al mago che rispose “Murtagh, il mio nome è Murtagh.” “Bene signor Murtagh, vada in quella stanza là, troverà la nostra sartoria e molto altro.” accentuò le ultime parole con un tono bizzarro. Il mago-stregone, avido di ricevere la sua parte, si precipitò nella stanza.
“Eccoci soli, mio eroe! L’ho vista lottare l’altro giorno: emozionante. Mi segua, ho una cosa particolare per Lei, sperando sia di suo gradimento.”
Durlach entrò in una stanza molto grande, alle pareti numerosi archi e balestre, faretre pien di dardi, pugnali e coltelli, armature leggerissime e mantelli erano sistemati su scaffali, o agganciati alle pareti oppure depositate sugli appositi sostegni. In fondo alla stanza un uomo lo stava aspettando guardandolo; Durlach vi si avvicinò. “Ho ciò che fa per lei…” disse immediatamente l’individuo, prima che l’arciere ebbe il tempo di fiatare, e si voltò dirigendosi verso un angolo della stanza. L’armiere raccolse un arco, che era appoggiato su un piedistallo, e lo porse a Durlach che lo ammirò stupefatto sfiorandolo con le mani. L’uomo si accorse che l’arma era leggerissima quando la prese in mano. Era di legno, molto flessibile e resistente, color verde smeraldo, inciso e decorato in modo da formare forme impercettibili nel dettaglio, ma eccelse nel complesso. La corda era di metallo, resistente ed elastica. Tendere quell’arco non era un’impresa alla portata di chiunque ma la gittata dell’arma era spaventosa. “E’ un arco elfico, spero possa soddisfarti.” Durlach era entusiasta del dono ricevuto e si stupì non poco nel vedere l’armiere che gli porgeva un’armatura dicendo “Ecco indossa questa…” Durlach la prese e la indossò facilmente, gli aderiva completamente al corpo. Leggerissima l’armatura era di color nero come la notte con alcune decorazioni rosso fiamma; alle spalle due alette davano un aspetto inquietante all’ombra di colui che la indossava. L’arciere equipaggiato del suon nuovo arco e con indosso l’armatura splendente era pronto ad affrontare ogni avventura.
Drazius entrò in una stanza molto semplice, di non grandi dimensioni e scarsamente decorata. Alle pareti numerosi abiti, tuniche, qualche cotta di maglia erano sistemati su scaffali. Si trovavano anche numerosi sferrapugni, bastoni e altre armi semplici. Seduto su una sedia di fronte ad un tavolo, dando le spalle alla porta d’ingresso e al mezz’elfo, un uomo attendeva con pazienza. Drazius, dopo essersi avvicinato, salutò educatamente “Saluti signore” “Eccola sir, la stavo aspettando, prenda.” e senza voltarsi raccolse dal tavolo che aveva di fronte una cotta di maglia e la porse al monaco. Drazius la indossò sotto la tunica: era più leggera di un vestito ma più resistente dell’acciaio. Le maglie fittissime risplendevano come l’argento e una croce greca decorata posta sul petto ornava l’indumento. “Onorato da questo dono…” “E’ una cotta di maglia elfica, che ti protegga in caso di bisogno!” Dopo di che prese un paio di guanti scuri, molto soffici internamente e resistenti esternamente e li porse al mezz’elfo “Il mio sesto senso mi dice che le saranno molto utili.” Drazius ringraziò onorato.
Draugnim si diresse verso la porta indicatagli ed entrò: la stanza era abbastanza grande ma quasi del tutto spoglia. L’elfo avanzò con passo incerto ascoltando con orecchio attento la descrizione che il suo compagno animale, Iside, gli forniva: numerose pelli e squame occupavano alcuni banchi da lavoro lungo le pareti, qualche armatura dagli strani colori e dalle strane forme era appoggiata su appositi sostegni. Il guerriero-druido continuava ad avanzare, sotto indicazione del suo compagno, in direzione dell’unico individuo presente nella stanza. L’uomo, un abile acconciatore di fama, accolse Draugnim con un sorriso “ho proprio qualcosa per lei, signore!” e gli porse una fantastica armatura in pelle, leggerissima, ma dall’aspetto molto diverso da una normale armatura in pelle. Il druido la prese in mano e la indossò sotto il mantello, aderiva ottimamente al suo corpo e non dava alcun peso ne ne impediva i movimenti in alcun modo; apparentemente resistente come l’acciaio portava sul dorso e lungo i fianchi alcuni simboli arcani che solo lo stesso Draugnim avrebbe potuto riconoscere, se avesse avuto il dono della vista. “E’ di fattura elfica, per quanto io mi impegni quella razza è sempre la migliore in questo genere di cose, spero le possa essere utile…” disse l’uomo ignaro di parlare ad un vero e proprio elfo. Draugnim ringraziò e si congedò, entusiasta del suo dono.
Murtagh attraversò una porta in ciliegio di ottima fattura e si trovò immerso in un altro mondo. La stanza dove lo stregone era entrato era piccola e stipata, un deposito stracolmo e disordinato di oggetti dalle forme e dai colori stranissimi. Il mago si fece largo a fatica tra le centinaia di oggetti, armature, bacchette, sfere di cristallo, pozioni e tuniche e raggiunse un individuo dall’aria bizzarra. Costui indossava uno stranissimo cappello a punta, una tunica lunghissima blu superata in lunghezza solo dalla sua barba bianca, tra le mani impugnava un lungo bastone di legno non lavorato che però emanava uno stranissimo potere che si diffondeva nell’aria. “Eccola messere…” subito si volse e raccolse una veste bellissima. La tunica era di un verde smeraldo, poco intenso, con delle iscrizioni runiche in oro e i finimenti decorati sempre in oro, molto leggera e Murtagh la indossò con avidità, anche se un po’ deluso: dopo aver visto tutte quelle meraviglie in quella stanza la sua tunica sembrava ben poca cosa. “E’ una tunica elfica di gran potere, siate onorato di averla!” sussurrò l’individuo misterioso come se leggesse nel pensiero. Subito dopo gli porse un piccolo scudo in legno grezzo; il mago-stregone lo prese indossandolo con aria incerta. Subito l’uomo dalla lunga barba pronunziò alcune arcane formule e sul retro dello scudo di Murtagh comparvero le parole che permettevano di lanciare un grande incantesimo. “Scudo dell’Incantatore è il suo nome, può racchiudere in sé l’energia per lanciare un qualsiasi incantesimo, fatene buon uso.” Armato di scudo, l’uomo se ne andò.
Nardu seguì il ciambellano fino all’entrata di una stanza chiusa a chiave; l’uomo aprì la porta ed attese che il guerriero oltrepassasse la soglia per richiuderla subito dopo. La guida iniziò a percorrere la stanza seguita del suo ospite. Lungo quello che sembrava un corridoio infinito comparivano manichini con indosso armature spettacolari: completi nanici più resistenti delle squame di drago e tute elfiche più leggere di una foglia, armature e scudi colore nero o rosso fuoco e cotte di maglia d’argento e oro. Ogni manichino era equipaggiato con le migliori armature che Nardu avesse mai sognato. Il ciambellano non si fermava, anche se rallentava il passo ogni volta che lo stregone-guerriero rimaneva ammagliato nell’osservazione di quelle meraviglie, aspettandolo. Dopo una lunga sfilata di meraviglie dell’arte elfica, nanica, umana e di chissà quale altra razza il ciambellano si fermò indicando al suo compagno un manichino. “Le piace mio signore?” L’armatura era d’argento con i finimenti in oro, un’aura quasi impercettibile bianco-azzurro l’avvolgeva dando l’impressione che il manichino fosse un essere soprannaturale. “E’ bellissima…” sussurrò Nardu. “Bene, faccia alcuni passi avanti allora, la prego.” L’umano dal volto sfregiato fece un paio di passi avanti ed una luce bianca lo avvolse. Svanito il bagliore Nardu vide che il manichino ora era spoglio, ma lui stesso indossava l’armatura. Era leggerissima, non impediva in alcun modo i movimenti e nonostante ciò era di una robustezza impressionante. Aderiva completamente al corpo i tutte le sue forme e poteva essere tranquillamente indossata sotto i vestiti da viaggio senza essere notata. “E’ un armatura angelica…” disse il ciambellano. Nardu con in mano lo spadone color carminio e indosso l’armatura angelica assumeva l’aspetto di un vero vendicatore divino sceso in terra per mietere vittime.
(continua…)
Edited by Nardu - 16/5/2006, 21:15
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