[D&D - I Reami di Giada] Drake, il monaco

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Nardu
view post Posted on 23/6/2007, 21:14




Ad Atiaen piccolo villaggio fondato nei pressi della via di Giada, a metà strada tra le montagne e le vaste foreste dei mezzelfi, fu concepito un bambino dal futuro incerto e tortuoso. Di famiglia povera il bimbo fu abbandonato ancora in tenera età dai genitori alle porte del monastero di una importantissima città di elfi, Caelestia, unico posto accessibile a viandanti e mercanti di altre razze. I monaci non riuscendo a trovare alcun familiare del bimbo, decisero di tenerlo con loro e di insegnargli tutto ciò che un vero monaco deve sapere per essere degno di ritenersi tale. Da quel punto il bambino crebbe sotto una ferrea disciplina, imparò le onorevoli arti marziali cavandosela molto bene in ogni genere di prova a cui veniva sottoposto; imparò anche a leggere e scrivere doti molto rare per le persone di quell’epoca; tutto volgeva per il meglio ma un fatto oscuro stava per incombere sul destino di quel ragazzino. Si cominciò a parlare di lui in tutta Caelestia tutti perlavano del piccolo umano allevato dai monaci elfi, ma non era la razza a fare notizia ma le formidabili doti di combattente che quel ragazzo di soli dieci anni già possedeva, aveva sostenuto vari incontri tutti previsti per il suo addestramento e la gente che lo aveva visto lottare giurava di aver scorto negli occhi di quel futuro monaco una strana luce quasi come se combattere gli piacesse; infatti era così, quel ragazzino si sentiva invincibile quando la sua vita era in pericolo, una strana forza lo spingeva a non arrendersi mai a combattere fino alla morte, ma c’era qulcos’altro, quando scendeva nell’arena si sentiva come posseduto da un demone da qualcosa che lo spingeva ad esigere il sangue e la vita dell’avversario, ma no non era un demone che lo spingeva a tanto, era solo la sua indole malvagia e omicida che affiorava. Accadeva non di rado infatti che dovevano strapparlo via con la forza dalla carcassa ormai inerme di chi lo sfidava, perché lui continuava ha colpire e colpire sempre più forte fino a che si ritrovava le mani sporche di sangue altrui; quel colore lo eccitava, quel odore lo entusiasmava, quel sapore lo possedeva. Il ragazzo ormai dodicenne era prossimo all’esame per ricevere l’investitura a monaco e fu proprio quel giorno che lo segnò totalmente fino a ricevere il soprannome di “demone di Caelestia”. La prova d’iniziazione a monaco prevedeva uno scontro abbastanza caotico e al buio, in cui oltre che le capacità fisiche venivano testate enche le facoltà sensoriali e percettive di tutti i pretendenti iniziati che quell’anno erano ben cento, solo coloro che, allo scadere del tempo massimo, un giorno, fossero rimasti in piedi sarebbe stata concessa l’opportunità di diventare monaco, Tutti gli aspiranti furono fatti entrare in una enorme stanza chiusa e una volta sigillata la porta la prova partì. Fu in quell’occasione che il ragazzo fece venire a galla il suo vero io, l’oscurità che rinchiudeva in sé fuoriuscì di botto attanagliandogli il cuore, mai come in quell’momento la sua vita era più in pericolo, mai come in quell’attimo lui avrebbe dovuto lottare per sopravvivere; le persone chiuse fuori dalla stanza, ad aspettare per vedere chi sarebbe diventato monaco, sentirono solo urla e lamenti strazianti, come se un demone la dentro stesse massacrando chiunque per berne il sangue. Allo scadere del tempo massimo furono aperte le porte dello stanzone e fu fatta luce in quell’orrore, lo spettacolo che si presentò agli occhi della gente fu raccapricciante corpi di ragazzi trucidati a mani nude arti staccati a mani nude sangue che dipingeva le pareti quasi fin su il soffitto, ed in mezzo alla stanza un solo ragazzo, grondante di sangue non suo, in ginocchio che si fissava le mani ancora tremanti per lo sforzo che avevano compiuto nel uccidere ben novantanove ragazzi e sul viso spiccava un ghigno malefico di rabbia e voglia di uccidere che si spense subito dopo che il ragazzo cadde a terra svenuto. Dopo quell’evento il ragazzo fu soprannominato “demone di Caelestia” ma il suo vero nome era Drake, i maghi elfi discussero molto su come trattare il fenomeno “Drake”, decisero che si sarebbe divenuto monaco ma per reprimere qull’indole malvagia e sanguinaria gli sarebbe stato imposto un sigillo molto potente, un pentasigillo di restrizione che avrebbe sigillato la sua parte maligna nella zona più recondita della su essere. Passarono gli anni e la gente di Caelestia cominciava ad avere sempre più paura di Drake, la sua immagine era resa ancora più inquietante dal tatuaggio sulla fronte che il pentasigillo aveva lasciato sulla sua fronte,una stella a cinque punte con una strana runa per ogni punta, quasi a volerlo marchiare e ricordargli di ciò che è di ciò che aveva compiuto, il potente mago elfo che glielo impose, Xardas era il suo nome, gli disse che quel sigillo avrebbe funzionato solo se chi lo portava voleva con tutto se stesso che la propria anima rimanesse pura e che le tenebre presenti all’interno rimanessero confinate lontane nei posti più bui del proprio essere, “ma” disse il mago nel momento in cui questa volontà sarebbe venuta meno il lato oscuro avrebbe ripreso il sopravvento esigendo ancora il sangue. Per aiutare il giovane Xardas donò lui un rosario, un piccolo artefatto magico formato da innumerevoli sfere viola che gli permetteva di concentrarsi meglio, gli insegnò anche delle parole dallo strano potere di rafforzare il sigillo nei casi più disperati, parole dal suono e dalle provenienza oscura e impronunciabili, ma Drake le imparò a memorie a forza di ripeterle a mente, mentre sfregava tra la mani quella specie di rosario, dal quale non si staccava mai e che aveva legato intorno a un polso. Passarono gli anni Drake ormai aveva venticinque anni, di Xardas non aveva avuto più notizie dal giorno in cui gli fu imposto il sigillo, erano ormai circa cinque anni che vagava per la sua terra in un pellegrinaggio senza meta affinando le sue tecniche di combattimento a mani nude sfidando altri monaci umani come lui, decise infine di fermarsi e di stabilirsi definitivamente in un paesino a lui sconosciuto Atiaen si rifugiò dunque in una capanna parecchio fuori paese, non sapeva come mai ma quei luoghi gli parevano familiari; rimase lì a passare una vita tranquilla tra allenamenti e meditazioni con i suoi demoni che lo assillavano ignaro che da li a poco una nuova avventura lo avrebbe travolto……….
 
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Nardu
view post Posted on 23/6/2007, 21:27




Leggibilità Brano: 150
Contenuto: 750
Uso dell'Ambientazione: 150

Tot PE: 1050
 
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