[MdT - Apocalittico] Ludovico Schmidt

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"Capo"
view post Posted on 26/7/2009, 23:23




8 Aprile 1820
Mattino - Casa Schmidt



“Oggi forse partirò titolare e potrò dimostrare cosa so fare in campo.”
Questi furono i pensieri di Ludovico, la mattina dell’8 Aprile 1820, al suo risveglio.
Scese le scale e arrivò in salotto, dove lo aspettavano Sarah, sua mamma, e quella che lui chiamava piccola, sua sorella di dodici anni.
Si diresse verso i suoi cari che l’attendevano, con la borsa in spalle, e come sempre li salutò affettuosamente. Prima diede un bacio a sua madre, cingendola con un braccio, poi con l’altro sollevò la sorellina Carlotta all’altezza del viso e baciandola sulla fronte le disse: “Ciao piccola, io vado. Vi aspetto al campo. Mentre non ci sono, fai quello che dice mamma e quando arrivi fai il tifo per me.”

Poco dopo era fuori di casa e da solo camminava verso il campo. Il passo era veloce, ma non frettoloso. Il sole primaverile iniziava a scaldare le membra, ma un venticello mattutino lottava contro il lieve tepore.
Camminando i pensieri di strategie e avversari si susseguivano veloci e senza accorgersene Ludovico era quasi arrivato al campo, solo qualche centinaio di metri lo dividevano dalla partita più importante della stagione.
Destatosi d’improvviso dalla presenza di una figura insolita, l’uomo alzò lo sguardo: davanti a lui, in centro strada, vi era una persona ferma a torso nudo. Subito incuriosito il ragazzo lo osservò meglio, senza fermarsi, notando che intorno alle braccia portava delle catene saldamente avvinghiate.
L’uomo che gli sbarrava il cammino era alto, anche e decisamente minuto a confronto del giovane Schmitd, dalle spalle larghe e con uno sguardo fermo.

Ludovico, dall’animo impavido, tentò d’ignorare l’estraneo finché non fu costretto a fermarsi a pochi centimetri da lui.
“Posso passare?”
“No, tu devi venire con me.”
“Perdonate, ma preferirei evitare.” E spostandolo con una mano aggiunse “Se volete scusarmi …”
Senza voltarsi indietro il ragazzo volse i propri passi in direzione del campo, ma dopo pochi metri si fermò: il misterioso interlocutore, usando le catene come fruste, lo aveva afferrato per il collo togliendogli il respiro.
La lotta impari durò solo pochi istanti e Ludovico ebbe la peggio perdendo i sensi.

13 Dicembre 1841
Tarda sera - Locus dei Farakh



“Dove sono? Cos’è quest’odore? Non riconosco questo posto …”
“SILENZIO!”

“Ricordo tuttora l’effetto di quel dono e di come mio fratello Sam mi ammutolì.
Seguirono giorni veramente intensi in cui tutto ciò che sapevo e tutto ciò in cui credevo si rivelò per ciò che era. Mi furono spiegate diverse cose, molte le quali del tutto insensate, eppure man mano che i racconti su Padre Lupo, le Marche di Confine e Pangea si susseguivano una voce dentro di me mi convinceva a dargli fiducia. Anni dopo iniziai a pensare che quella voce altri non era che Madre Luna stessa …
C’impiegai giorni, settimane e mesi ad assorbire le informazioni e la maggior parte di questi li passai incatenato, eppure nulla riusciva a cancellare con colpo netto quelle che fino al giorno prima era stata la mia vita. Mia sorella, la mia famiglia e tutto ciò che avevo a Fonte della Roccia.

I giorni che seguirono la mia cattura furono i peggiori della mia vita inizialmente. Le prime Trasformazioni, la Muta della Furia, i ricordi di una Prima Muta domata da altri Uratha.
Troncai con rammarico ogni rapporto con la mia vita precedente e abbandonai le mie due donne, Sarah e Carlotta, per recitare il Giuramento di Madre Luna.
Ci trasferimmo aldilà delle Alpi, in un’enorme foresta, l’unico modo sicuro per controllare il nostro Locus e lì il tempo scorse veloce al fianco del mio nuovo Branco. Il nostro Territorio, sempre conteso e pericoloso, la vita da Rinnegato e i suoi doveri presero lentamente il posto dei ricordi da umano eclissandoli quasi del tutto.”

“Son passati circa settemila giorni dalla mia muta e io sono qui al vostro fianco Fratelli per riprendere la Caccia.
La marca spirituale è stata compiuta e ormai quel vigliacco spirito che ci perseguita da mesi è destinato a soccombere. Quelle Beshilu devono morire. Facciamo in modo che Padre Lupo possa essere fiero di noi.“


14 Dicembre 1841
Prime ore della notte - Al confine del Territorio



Il Branco di Schimdt partì con il favore della notte e sconfinarono al confine del loro territorio.
Lacerare il Guanto quella notte fu più facile quella notte. Forse la Beshilu lo aveva assottigliato o forse si trattava di sola fortuna.

Appena al di là, nell’Hisil, quella notte c’era un freddo pungente che lacerava le membra. Il paesaggio tutt’intorno era scuro e poco definito. In lontananza vi erano delle alture minacciose: là si sarebbe svolta la lotta.
Aveva deciso di attraversare il Guanto lontano dal Locus per essere più vicini alla valle e cogliere alla sprovvista la schiera.
Così non fu: avevamo sottovalutato quell’orrenda creatura che, più furba di quanto si aspettasse il branco di Uratha, li stava attendendo all’inizio della valle di Kram.

Sam era l’Irraka e perciò avanzava qualche metro più avanti di Ludovico e Isaac, seguiti a loro volta da Argan, il loro Spirito Totem. Questi rimaneva più taciturno del solito, la sua arte era quella dell’inganno o almeno così lui la definiva, era uno spirito saggio e usava l’arte della parola per raggiungere ciò che voleva, pronto a mentire all’occorrenza, ma sempre leale verso il proprio branco, era un abile combattente e le sue tecniche di dominazione erano temute in tutto l’Hisil.

Uno stretto passaggio divideva il branco alla valle e due muri di roccia spessa e frastagliata lasciavano libero un unico ingresso. Un posto scontato per un’imboscata, ma gli Uratha, questo, non ebbero nemmeno il tempo di pensarlo.
Fulminee e inaspettate due ombre caddero dall’alto. Sam era il loro bersaglio. Non vi fu il tempo per reagire e la coppia di Beshilu azzannò il Rinnegato straziandone le carni; questi si voltò verso i fratelli con occhi quasi spenti prima di esalare l’ultimo respiro, come tentasse di avvertire i fratelli. L’ira negli altri crebbe in un istante, Isaac per poco non cadde nella maledizione Kuruth.

Ludovico assunse istintivamente la forma da battaglia, il Gauru, e si lanciò schiumando per la rabbia contro l’avversario più vicino.
Argan indietreggiò di alcuni passi e cantilenando intonò alcune parole in Primo Idioma. Intorno a lui coro di voci nascoste si mise a seguire il suo ritmo che saliva d’intensità ogni secondo che passava, come formassero un eco distorto.

Isaac, molto menu lucido del fratello, si lanciò contro la seconda Beshilu affrontandola a mani nude. Purtroppo per l’Uratha la rabbia non è una buona alleata in battaglia e la schiera fu abile nell’approfittarsi della situazione. Distraendo il lupo mannaro con una serie di attacchi fasulli riuscì ad afferrarlo con sua sorpresa al collo, grazie all’uso della coda, immobilizzandolo per poi colpirlo con un morso letale. Ancora imbrattato del sangue del Rinnegato reso a brandelli lo spirito si lanciò verso Argan.

Ludovico, approfittando del fattore fisico, ingaggiò una violenta lotta con la schiera assassina. Lo scambio di colpi fu rapido e preciso e dopo pochi istanti di combattimento entrambi mostravano ferite lungo tutto il corpo. Fu in un attimo d’esitazione della Beshilu che Schimdt le si lanciò addosso afferrandola per il busto.
Temendo per la propria vita la bestia colpì con violenza e a ripetizione la schiena del mannaro che stringeva con tutte le sue forze. La lotta impari fu breve, ma non per questo meno dolorosa, e alla fine le ossa del topo scricchiolarono nella presa del lupo, segnando la sua fine.

Ludovico si voltò per controllare il resto del combattimento e vide che la seconda schiera, sopravissuta all’attacco di Isaac, che giaceva a terra, si stava lanciando sul Totem con bramosia di sangue.
La reazione dell’Rahu fu fulminea, ma Argan l’anticipò. La cantilenante litania ebbe fine con un fragore e un’ondata di potere investì la Beshilu ferendola in volto.
Quando il Rinnegato le si avventò addosso trovò un avversario paralizzato dal dolore ed inerme ai suoi attacchi. Lo uccise senza rimorsi.

La battaglia sembrava terminata e i due sopravvissuti si guardarono negli occhi.
Ludovico riassunse la forma Hishu con le lacrime che gli salivano agli occhi. Argan lo guardava sconvolto.
Lo scontro era stato vinto, ma il costo era stato decisamente troppo alto.
Poi l’Uratha notò un movimento, ma non ebbe il tempo di mettere a fuoco il pericolo incombente.
Il petto dello Spirito Totem si aprì lasciando spazio all’acuminato artiglio del topo che lo aveva trapassato da parte a parte.

Gli occhi di Argan diventati vitrei si spensero. Cadde in ginocchio. Dietro di lui la Beshilu rideva con la mano imbrattata dell’essenza dello spirito.
Il corpo del totem s’indurì velocemente, diventando arido e sgretolandosi pian piano. Le pendici del corpo iniziarono a divenir di polvere. L’aria si colorò di un grigio intenso ed andava ad accumularsi come una nube intorno ai due avversari.
Lodovico udì la schiera tossire e urlare dal dolore, senza poterla vedere. Poi percepì una presenza familiare: Argan. Le ferite più gravi dell’Uratha s’attenuarono e la stanchezza andò via donandogli una sensazione di sollievo immediato. Quello fu l’addio di Argan.

Quando la nube di colpo si dissolse topo e lupo si ritrovarono faccia a faccia, dando inizio all’ultimo atto del combattimento.
Come Ludovico poté notare, il suo avversario presentava i segni di ustioni lungo tutto l’epidermide, eppure sembrava in uno stato migliore rispetto al mannaro.

Lo scontrò scoppiò violento e i due corpi s’intrecciarono in una danza di morte. Artigli, morsi, colpi e ululati diedero forma ad una lotta senza riserve dove entrambe le parti diedero il tutto e per tutto per sopravvivere.
Alla fine Ludovico ebbe la meglio e con gioia guardò il volto dell’avversario finito dinanzi a lui. Eppure le ferite riportate, ora che l’adrenalina scendeva, chiedevano il loro tributo. La vita scorreva via veloce dal corpo dell’Uratha, la cui vista si annebbiava.
Avanzò di alcuni passi senza meta, cadendo lentamente al suolo. Il freddo abbraccio della morte lo cingeva e ne sentiva il richiamo.

Un inaspettato evento lo salvò dall’orribile destino che lo attendeva: morire nel triste mondo dell’Hisil.
Aveva già chiuso gli occhi e stava per lasciarsi andare quando percepì la recondita presenza di un Locus, ma non si trattava del suo.
Con un enorme sforzo di volontà il giovane si trascinò verso quella che poteva essere la salvezza.
Meglio tentare la fortuna nel mondo materiale piuttosto che andar verso morte certa nel desolato mondo degli spiriti.
Attraversò il guanto con fatica e svenne per lo sforzo e le ferite.

14 Dicembre 1841
Notte inoltrata - Cimitero di Fonte della Roccia



Quando rinvenne i primi pensieri dell’uomo andarono al suo branco sterminato e un moto di rabbia crebbe i lui, subito seguito da una forte sensazione di sconforto e abbandono.
Ludovico alzò lo sguardo, il paesaggio che lo circondava era abbastanza lugubre. Si trovava in cima a quella che doveva essere una collinetta. La nebbia di pieno inverno e la scarsa luce non gli permettevano di capire con precisione cosa lo circondava. Le nuvole in cielo, seguendo il loro andamento naturale, lasciarono spazio alla Luna Piena, che permise al Rahu di veder qualcosa in più e lo rincuorò leggermente.

Si voltò di scatto, come avesse notato un movimento e urlò con tono minaccioso: “Fermo!”
La figura davanti al Rinnegato sembrò obbedire al comando, così Schmidt decise di avvicinarsi. Man mano che avanzava la figura diventava sempre più chiara.
Si trattava di una statua, la stanchezza faceva brutti scherzi.
Controllandola meglio Ludovico si accorse che quella che aveva davanti a sé era la lapide di una tomba.
Si guardò meglio intorno e riconobbe in lontananza le cime di Burgam, oltre le quali s’estendeva il territorio dei Farakh, perciò intuì in modo più o meno preciso la sua posizione: si trovava a Fonte della Roccia.

Il lupo mannaro iniziò a muoversi come in cerca di qualcosa, osservando ciò che aveva intorno. Poco dopo il suo sguardo si posò sull’origini di tale ricerca: la tomba di suo padre.
Ludovico alla vista di quella lapide s’inginocchiò, facendo il segno della croce. Non era credente, ma suo padre era un buon cattolico. Un attimo dopo l’Uratha s’irrigidì: il suo sguardo s’era posato sulla tomba vicina.
“I figli posero…” sotto al nome di colei che era stata sua madre.

Erano passati minuti o forse ore quando il lupo mannaro sentì l’odore di qualcuno che s’avvicinava alle sue spalle: era sicuramente un vampiro.
L’uomo si voltò nella direzione del non-morto e lo vide che tentava di nascondersi. Decise di tendergli una trappola e, fingendo di non essersi accorto di nulla, si rimise in posizione di preghiera.

Passarono pochi istanti in cui sentiva il rumore lieve di passi farsi sempre più vicini e il puzzo di morte farsi sempre più forte. Era quasi sicuro che il vampiro fosse lì per nutrirsi di una preda ignara, ma di certo non avrebbe ceduto il proprio sangue ad un orrendo essere come quello.
Un attimo prima del vigliacco attacco del mostro delle tenebre il guerriero si voltò e ricorrendo ad uno dei Doni lo immobilizzò.
“Fermati!”.

Era una donna dai tratti molto gioviali e attraenti, tanto da non tradire la sua età. La situazione vampira non aveva inciso su di lei in modo grave, anzi forse ne aveva aiutato a preservarne lo splendore.
Aveva uno sguardo duro e malvagio, eppure nascondeva qualcosa di familiare. Forse si trattava di un emissario o un portavoce della società vampirica con cui il suo branco aveva già avuto a che vedere.
Il figlio di Padre Lupo ricorse ad un altro potere riservato alla sua razza e valutò con attenzione la pericolosità dell’avversario. Era più debole di lui.
Decise perciò di liberarne gli arti e di sciogliergli la lingua con un ennesimo potere: “Ora rispondi alle mie domande.”

“Cosa vuoi da me? Perché stavi per aggredirmi?”
“Io non ti conosco. Temevo fossi tu a dar la caccia a me.”
La ragazza sembrava alquanto insolita per essere un vampiro e nonostante il tono duro non traspariva odio diretto nei confronti del rinnegato.
“E perché dovrei cacciare un vampiro secondo te? Cosa ci fai qui? E’ il tuo Dominio questo cimitero?”
“Non so cos’è un Dominio e non so perché tutti i vampiri vogliono la mia testa. Ero venuta qui per salutare i miei genitori defunti.”
Le ultime parole colpirono in pieno petto l’uomo come un colpo di spada.
“Qual è il tuo nome?”
“Carlotta Schimdt.”
Lo stomaco gli si rivoltò e gli occhi gli divennero umidi. Non era possibile nella mente di Ludovico che quella di fronte a lui, quel vampiro, non fosse altri che la sua carissima sorellina abbandonata da decenni.
Indietreggiò di alcuni passi decisamente sconvolto. Lei le parlò, ma lui non capiva. Non ascoltava. Poi con voce tremante disse:
“Il mio nome è Ludovico Schimdt…”

Lei si pietrificò.
“Non…è possibile…” disse con voce rotta.
“Vieni con me…”

15 Marzo 1901
Mattino presto - Locus dei Predatori



Per sessant’anni ho difeso il mio territorio dopo la morte del mio branco, ho tenuto testa a più di un contendente riuscendo da solo a sopperire a tutti i doveri che un territorio comporta, ho respinto minacce giorno dopo giorno e alla fine ho mantenuto integro quello che era il territorio dei Predatori.

Ormai non sono più un Rinnegato di poca esperienza, anche se non sono un anziano, ma non ho problemi ad affrontare in un duello leale e individuale la maggior parte degli Uratha di queste terre.
Ad ogni modo due branchi confinanti hanno deciso di sfidarmi in contemporanea, ignorando la mia imposizione del “uno contro uno”. Quei disonorevoli lupi hanno impiegato dodici lustri per raggiungere un accordo e ora bramano di spartirsi la mia terra equamente dopo avermi scacciato, o peggio ucciso.
Credo loro confidino nella mia paura e nel fatto che non accetterò mai di affrontare una tale sfida, ma le loro speranze sono sprecate.

L’istinto mi spinge verso la via della fuga, ma il mio onore m’impone di restare. In nome del mio branco, ormai defunto, non permetterò a nessuno di cacciarmi per paura e non cederò ai ricatti di quelli che credevo fratelli e ora vedo solo come rivali.

18 Marzo 1901
Tramonto - Confine est del Territorio dei Predatori



Ludovico, unico membro del branco dei Farakh, arrivò maestoso al confine dove già i Mietitori e i Sacrileghi l’attendevano. Tutti si aspettavano un’onorevole ritirata da parte del Rahu solitario ma questi, dopo un attimo di silenziò, esortò “Chi sono i miei avversari?”
I due Alfa avanzarono di un passo, sicuri di avere la vittoria già in mano.
Uno dei due ostentava un ghigno meschino.

L’ultimo pensiero di Ludovico prima dell’inizio del combattimento fu rivolto a sua sorella. Se lui fosse morto in quel giorno lei sarebbe rimasta sola e in balia dei suoi avversari, che probabilmente non l’avrebbero trattata con riguardo.

Subito l’alfa dei Mietitori si guardò verso l’alto e una lama di luce bianca cadde dal cielo travolgendolo: le sue zanne vennero avvolte da fiamme bianche ed egli ululò assumendo la forma da battaglia.
In risposta che Ludovico assunse la forma Gauru e si preparò alla lotta.
La carica dei due fu fulminea e i grandi lupi si scontrarono tra ringhi feroci; i primi colpi furono rapidi e spietati e il sangue imbrattò quasi istantaneamente il suolo.

Finché i due lottavano in uno scontro serrato, l’alfa dei Sacrileghi li aggirò per poi colpire alle spalle l’avversario; con una rapidità sbalorditiva afferrò le braccia di Schimdt tentando di renderlo inerme agli attacchi dell’altro Uratha.
Con sorpresa dell’infame gli arti del Predatore riassunsero la forma umana, permettendogli di divincolarsi più agevolmente, giusto in tempo per rispondere agli attacchi a colpi d’artiglio.

I due alleati fecero alcuni passi indietro sbalorditi dall’efficacia delle strategie difensive del rivale, che senza esitare si avventò sull’avversario che aveva dinnanzi e nuovamente le sue zanne si macchiarono del sangue di un Rinnegato.
Nonostante la benedizioni della Luna Piena, tra i due Rahu vi era una gran differenza e Ludovico risultava il migliore, seppur il costo della lotta era comunque gravoso.

All’apice dello scontro, pochi attimi prima che l’alfa dei Farakh potesse aver definitivamente la meglio sull’alfa dei Mietitori, la connessione spirituale di Ludovico s’interruppe ed egli ritornò alla forma Hishu.
Il combattimento si stravolse e il lupo, colto alla sprovvista dal nuovo attacco dell’alfa dei Sacrileghi, che lo aveva così penalizzato con l’uso di un Dono, si trovò a difendere il vantaggio accumulato poco prima sul contendente.

Il lupo mannaro in forma Gauru si fiondò sul nemico ormai ridotto al minimo delle sue forze, sicuro di poter vincere e gli morse l’addome; la reazione di Ludovico fu più istintiva che ponderata e senza speranze afferrò a mani nude il collo dell’aggressore stringendo con tutte le sue forze. Il risultato fu inaspettato per tutti e il collo dell’Uratha si spezzò seguito da un rantolo.

Scioccato e spaventato da quanto accaduto, il combattente dei Sacrileghi pensò al più rapido modo per porre fine al combattimento cercando di tener lontano l’avversario: ricorse ad uno dei più violenti Doni dei Rinnegati.
Il potere del fulmine scaturito dalle mani dell’alfa s’abbattè su Ludovico con violenza, gettandolo a terra quasi morto.

Battuto l’avversario i due branchi se ne andarono senza una parola. Il giorno seguente sarebbero tornati a riscuotere la vincita.

Ludovico Schmidt raggiunse casa verso tarda notte sotto alla pioggia.
Trascinava una gamba, si reggeva l’addome terribilmente ferito e perdeva sangue dalle numerosissime ferite.
Si trovò dinnanzi sua sorella Carlotta, ma non le concesse il tempo di parlare.
“Dobbiamo andare via di qui. Per sempre.”
Non vi era rabbia nelle sue parole, ma solo rammarico. Quello era ciò che andava fatto: rispettare il patto.
Lei non chiese. Obbedì.
“Andiamo…”
 
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